"E' una parola "seconda moglie" terribile...mortale nemica delle donne. Quanti cuori ha spezzato, quante menti ha sconvolto e famiglie distrutto...quante innocenti ha sacrificato e reso prigioniere...una parola terribile, carica di crudeltà ed egoismo...non dimenticare che mentre tu ti diverti con una nuova moglie, puoi spingerne un'altra alla disperazione fino alle lacrime...e i bimbi ai quali ai insegnato la commiserazione, piangono con lei...tu senti i tamburi e le trombe "nuziali", mentre loro odono solo il pulsare della sofferenza".
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sabato 20 luglio 2013
Malak Hifni Nassef
sabato 9 marzo 2013
Aforismi: Nagib Mahfouz
"Alessandria finalmente! Alessandria goccia di rugiada. Esplosione di nubi bianche. Sei come un fiore in boccio bagnato da raggi irrorati dall'acqua del cielo. Cuore di ricordi impregnati di miele e di lacrime".
Tratto da Mīrāmār, 1976, di Nagib Mahfouz (1911-2006)
martedì 19 febbraio 2013
Akhenaton: faraone eretico?
Una nuova sezione dedicata all'Egitto, alla storia antica, moderna e contemporanea di questo importantissimo Paese. Si inizia con uno dei faraoni più celebri e discussi: Akhenaton.
Buona lettura :-)
Su Akhenaton (Amenhotep IV) si è detto e scritto moltissimo. Per alcuni fu un faraone eretico, fondatore di una sorta di “religione rivelata”, mentre per altri questa “etichetta” è quanto di più lontano ci sia dalla verità. Dov’è la verità? Chi fu veramente Akhenaton e come influì il nuovo culto di cui si fece promotore sull’intero Egitto?
Il destino di un faraone
Akhenaton, sovrano della XVIII dinastia (Nuovo Regno, XVI-XIV sec. a.C.) era figlio di Amenhotep III e della Grande Sposa Reale Tyi. Il padre di quest’ultima era Yuya, funzionario, cancelliere e sacerdote di Amon, la madre Tuya, nobile egizia ed il fratello Ay, vizir di Amenhotep III e futuro faraone.
Akhenaton aveva un fratello maggiore, Thutmose, che morì prematuramente. Così, quando anche Amenhotep III raggiunse l’aldilà, il regno venne ereditato dal figlio minore.
A quanto si sa Akhenaton ebbe due spose: la celebre Nefertiti, Grande Sposa Reale, probabilmente figlia di Ay e Tyi II (dunque nipote di Yuya e Tuya) e la favorita Kiya, che per molti studiosi fu la madre di Tutankhamon.
Akhenaton regnò da solo a partire dal 1378-1352, ma la sua precedente coreggenza con Amenhotep III non è ancora un dato certo e gli studiosi dibattono ancora oggi. Padre e figlio provarono a difendere il regno dagli Ittiti, ma Akhenaton perse molti territori di provincia vitali per l’economia dell’Egitto.
Il nuovo sovrano si fece incoronare a Karnak, da ciò si è ipotizzato che, almeno in un primo momento, non fosse in aperto contrasto con i sacerdoti di Amon.
La sua titolatura comprende il “nome di incoronazione” Neferkheperura, “le trasformazioni di Ra sono perfette” e l’epiteto Uaenra, che vuol dire “l’unico di Ra”.
Fu nel secondo anno del suo regno che Akhenaton decise di elevare Aton al rango più elevato, fino a quel momento appartenuto ad Amon.
La riforma religiosa e la fondazione di Akhetaton
Tra il quarto ed il sesto anno cambiò il suo nome da Amenhotep ad Akhenaton ("gradito ad Aton") ed anche la sua titolatura reale.
Nel quinto anno del regno, Akhenaton diede iniziò ai lavori per la costruzione di Akhetaton ("l’Orizzonte del Disco"), situata sulla riva orientale del Nilo.
Nell’idea del faraone la nuova città avrebbe dovuto eguagliare in tutto e per tutto Tebe, diventando una vera e propria capitale, un nuovo centro politico, amministrativo e culturale.
Il nuovo culto dedicato ad Aton e la chiusura dei templi a Karnak gli inimicarono il potente clero di Amon.
A dire il vero questi cambiamenti non hanno nulla a che vedere con una “religione rivelata”, ma seguono la scia dei culti di Heliopolis, a loro volta derivanti da quella che Grimal chiama “solarizzazione” degli dei più importanti, come Amon nella forma sincretista di “Amon Ra”. Questa tendenza, inoltre, ebbe inizio già nell’Antico Regno. Molti studiosi, tra cui lo stesso Grimal, sostengono che sia una forzatura parlare, in questo caso, di monoteismo vero e proprio.
Akhenaton adorò il Disco solare, già presente nella teologia di Heliopolis durante l’Antico Regno.
Il faraone riuscì a concentrare in esso le caratteristiche creatrici divine, rendendo più semplice al popolo percepire il divino senza intermediari, nella sua manifestazione tangibile. Ad Aton attribuì anche il culto funerario, ma Osiride non scomparve dal pantheon egizio.
La riforma religiosa, però, non uscì, di fatto, dalla cerchia reale trasferitasi nella nuova città. Il popolo, in special modo le classi più umili, continuò a vivere seguendo le tradizioni religiose ed il culto di Aton non apparve poi cosi “rivoluzionario”, dal momento che la sua “struttura” teologica si inscriveva in un solco religioso già tracciato.
Inoltre il popolo non si occupava certo di simili speculazioni mistico-teologiche.
I veri cambiamenti portati dal culto di Aton si ebbero, invece, nel settore economico ed in quello artistico.
Arte ed economia
Akhenaton, come già accennato, fece chiudere molti templi, confiscando i beni del clero. Da una parte questo accrebbe l’importanza dell’amministrazione centrale, ma dall’altra innescò il problema della corruzione ed alterò il sistema dell’economia del regno, vanificando il ruolo degli apparati locali.
Dal punto di vista letterario si continuarono ad insegnare i testi classici, ma i nuovi componimenti poetici si caratterizzarono per una maggiore libertà espressiva. Non solo: la lingua popolare venne introdotta nei testi ufficiali, fino a quel momento redatti nella lingua classica dell’Antico Regno.
Il “realismo” artistico è, forse, ciò che più salta agli occhi osservando i capolavori giunti fino ad oggi. Non solo venne rinnovata la moda, ma anche il modo di raffigurare i sovrani (e non solo): maggiore attenzione ai particolari (per esempio il disegno degli occhi nelle orbite), forme del corpo più accentuate, il celebre “allungamento” degli occhi che assunsero, cosi, la caratteristica forma a mandorla, e quello dell'ovale del volto.
Proprio a causa di queste peculiarità si pensò per molto tempo che Akhenaton fosse affetto da deformità, ma nuovi studi hanno rivelato che si tratta solo di una nuova concezione artistica del corpo umano.
Il vero cambiamento, davvero rivoluzionario, fu l’introduzione di scene di vita quotidiana nelle rappresentazioni della famiglia reale. I personaggi sono naturali, esprimono sentimenti ed un senso di intimità familiare mai visto prima.
La cosa interessante sta nell’affetto e nel rispetto che univa i due coniugi ed è visibile anche nelle raffigurazioni.
Conclusioni
Akhenaton ed Aton furono soggetti, dopo la morte del faraone, alla damnatio memoriae, ragion per cui è molto difficile ricostruire con esattezza la successione. La tomba del faraone venne individuata nel 1917, nella Valle dei Re. Si tratta della KV55.
Si arrivò ad identificare la mummia del faraone solo attraverso studi ed esami, poiché nella toma ogni iscrizione era stata rimossa a colpi di scalpello.
Ancora oggi Akhenaton è considerato uno dei più grandi faraoni della Storia d’Egitto.
Bibliografia
Grimal Nicolas, "Storia dell'Antico Egitto", ed. Laterzia, 2003;
Cimmino Franco, "Akhenaton e Nefertiti. Storia dell'eresia amarniana", Bompiani, 2002.
Il vero cambiamento, davvero rivoluzionario, fu l’introduzione di scene di vita quotidiana nelle rappresentazioni della famiglia reale. I personaggi sono naturali, esprimono sentimenti ed un senso di intimità familiare mai visto prima.
La cosa interessante sta nell’affetto e nel rispetto che univa i due coniugi ed è visibile anche nelle raffigurazioni.
Conclusioni
Akhenaton ed Aton furono soggetti, dopo la morte del faraone, alla damnatio memoriae, ragion per cui è molto difficile ricostruire con esattezza la successione. La tomba del faraone venne individuata nel 1917, nella Valle dei Re. Si tratta della KV55.
Si arrivò ad identificare la mummia del faraone solo attraverso studi ed esami, poiché nella toma ogni iscrizione era stata rimossa a colpi di scalpello.
Ancora oggi Akhenaton è considerato uno dei più grandi faraoni della Storia d’Egitto.
Bibliografia
Grimal Nicolas, "Storia dell'Antico Egitto", ed. Laterzia, 2003;
Cimmino Franco, "Akhenaton e Nefertiti. Storia dell'eresia amarniana", Bompiani, 2002.
venerdì 8 febbraio 2013
La casa del Profeta Muhammad e le prime moschee
La Grande Moschea di Medina e la tomba del Profeta (XIX sec.) |
I beduini si servivano della tenda mentre, mentre nei grandi centri di La Mecca e Medina non esistevano delle tradizioni consolidate in tal senso.
Anche la moschea cosi come la si conosce oggi è il risultato di esperienze, pensiero e tentativi avvenuti nel corso degli anni, non di un’idea istantanea o preesistente. Le prime moschee di cui si hanno notizie sono quelle sorte in Iraq; la prima, a Bassora, consisteva solo di un perimetro tracciato con delle fascine, la seconda, a Kufa, risale al 638 e non aveva mura, ma solo un fossato e quattro frecce scagliate nei punti cardinali a delimitarla.
Nel 641-642 ad Al Fustat il conquistatore dell’Egitto Amr Ibn Al-As fondò una piccola moschea senza corte (venne aggiunta in seguito) che si ispirava alla sala ipostila egiziana.
La semplicità e l’essenzialità di questi primi luoghi di culto è data dal fatto che i musulmani, per pregare, hanno bisogno solo di sapere la direzione della preghiera e di uno spazio abbastanza ampio da accogliere tutti i fedeli.
Moschea di Roma |
L’architettura delle moschee venne influenzata dallo schema adottato già nelle sinagoghe e dalle basiliche presenti nella nelle zone romane d’Oriente.
In origine, inoltre, la direzione della qibla era segnalata dallo stesso Profeta piantando una lancia al suolo, ma solo dall’VIII sec. evidenziata attraverso il mihrab (nicchia).
Esclusivamente nella moschea della comunità (masjid al-jama’a) si trova il minbar, ossia il seggio del Califfo, capo della comunità, o di un suo rappresentante, dal quale viene pronunciata la khutba (discorso, sermone) che in un primo momento era solo un discorso politico pronunciato il venerdì e tutte le volte che il capo doveva riferire su importanti questioni legate alla vita della comunità.
Interno della moschea di Roma |
La casa del Profeta mantenne il carattere privato fino alla morte del terzo califfo Uthman, quando Medina divenne una semplice provincia, una sorta di “città dei ricordi” e la casa divenne un monumento sacro del passato e della gloria di Muhammad.
Da qui sorse la moschea che tutti conoscono, un’ampia sala circondata da una corte e dai portici, ma il processo per arrivare a ciò non fu breve e subì l’influenza di diversi stili architettonici ed artistici.
Da qui sorse la moschea che tutti conoscono, un’ampia sala circondata da una corte e dai portici, ma il processo per arrivare a ciò non fu breve e subì l’influenza di diversi stili architettonici ed artistici.
Il “viaggio” del blog tra le moschee più belle e famose del mondo proseguirà nei prossimi post, perché l’arte e l’architettura islamica meritano di essere conosciute per l’originalità e la raffinatezza.
Bibliografia
Scerrato, “Le Grandi Civiltà-Islam”, Mondadori, Milano 1972;
Bausani, “Islam”, Garzanti, 1999
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mercoledì 19 dicembre 2012
Le Mille e Una Notte. Nascita di un mito
Continuano i post dedicati alla raccolta di favole orientali de “Le Mille e Una Notte”. Questa volta si parlerà della nascita e della struttura di questo capolavoro.
Le Mille e Una Notte ( Alf Layla wa-Layla in arabo) hanno un’origine molto lontana, che risale addirittura al X secolo. Non fu un autore solo a comporre le novelle della raccolta, che differiscono anche per ambientazione geografica e narrazione storica.
Il X secolo rappresenta il momento in cui le favole vennero messe per iscritto, dopo essere state tramandate oralmente per un certo periodo di tempo. Proprio a quest’epoca, infatti, appartiene il fulcro originario dell’opera, che si arricchirà man mano.
Prova di questo “ampliamento” dal nucleo più antico è data dalle informazioni su usi, leggi ed istituzioni del Vicino Oriente e dai riferimenti a grandi potenze dei mari come Venezia, che permettono di datare (o almeno provare a farlo) le novelle.
Si può dire, però, che la versione completa e definitiva de Le Mille e Una Notte risalga ad un’epoca compresa tra il 1400 ed il 1500.
Per quanto riguarda la struttura, la si potrebbe paragonare ad una sorta di scatole cinesi. Di solito si sente parlare, a ragione, di “narrazione nella narrazione”: l’opera presenta la vicenda di Shahrazad, decisa a porre fine alla strage di donne perpetrata da Shahriyar. La giovane, per salvarsi la vita, narra le novelle principali che dureranno per mille e una notte, interrompendosi sempre sul più bello.
I personaggi delle favole di Shahrazad, a loro volta, raccontano altre storie. In questo modo molti protagonisti della raccolta sono, contemporaneamente, personaggi e narratori e le situazioni che vivono diventano storie e cornici per altre narrazioni.
Per quanto riguarda l’ambientazione delle novelle bisogna riconoscere e scindere gli elementi persiani da quelli arabi, cinesi e indiani.
I racconti ambientati a Baghdad e in Egitto, questi ultimi più recenti, fanno parte della matrice arabo-islamica (il califfo Harun Al-Rashid, realmente esistito, è un personaggio-chiave).
Ci sono anche racconti ambientati in Cina ed altri di derivazione persiana.
A tal proposito occorre ricordare una cosa che non tutti sanno: la famosa storia di Sinbad il Marinaio non fa parte del nucleo originario, ma è una aggiunta successiva.
La traduzione più celebre de Le Mille e Una Notte fu quella dell’orientalista francese Antoine Galland (di cui si parlerà prossimamente in modo più approfondito).
Dal suo lavoro, iniziato nel 1701 e pubblicato nel 1704, presero spunto molti altri traduttori occidentali.
Galland tramandò queste storie, con adattamenti e vere e proprie aggiunte, contribuendo alla formazione dell’immagine occidentale dell’Oriente e di personaggi immortali come Shahrazad.
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domenica 25 novembre 2012
Umm Kulthum. La Voce d’Egitto
Non esiste una cantante più famosa ed amata di lei nel mondo arabo. La sua voce potente, i versi struggenti e la gestualità elegante l’hanno resa una icona riconoscibile ed indimenticabile: Umm Kuthum (1904-1975) è e sarà sempre la Voce d’Egitto e l’anima musicale di tutto il mondo arabo.
Le fonti sono discordanti riguardo la data di nascita, ma l’ipotesi più probabile è il 4 maggio 1904.
Fatima Ibrahim Al Biltagi, questo il vero nome di Umm Kulthum, nacque in Egitto, nella città di Al-Sanballawayn, da una famiglia di umili origini.
Fin da piccola Fatima dimostrò un grande talento per il canto, al punto tale che suo padre, all’epoca direttore di una piccola compagnia teatrale, la fece travestire da ragazzo per permetterle di esibirsi.
All’età di 23 anni, dopo essere stata notata dal cantante Abu El Ala Mohamed e dal liutista Zakaria Ahmed, si trasferì al Cairo. Lì fece l’incontro più importante della sua vita, quello con il celebre poeta Ahmed Rami (1892-1978), che scrisse ben 137 canzoni per lei, versi che divennero immortali.
Il 1932 fu, per Umm Kulthum, l’anno dell’ascesa trionfale: iniziò tournée in grandi città come Baghdad, Tripoli e Damasco, ottenendo un grande successo.
Nel 1948 arrivò ad incontrare il presidente egiziano Nasser e da quel momento la sua fama non conobbe battute di arresto, sostenuta anche da un grande amore per l’Egitto e dal fervente patriottismo di cui erano intrise le sue canzoni.
Si sposò nel 1953 con il medico Hassan Al Hifnawi, facendo includere nel contratto matrimoniale una clausola che le avrebbe permesso, qualora fosse stato il caso, di divorziare.
Ammirata anche in Europa, lo stesso De Gaulle non fece mistero di apprezzare la sua arte, continuò a cantare divenendo una vera e propria icona musicale e di stile. Tentò anche la carriera di attrice, ma l’abbandonò quasi subito, poiché non le dava le stesse emozioni che provava sul palco.
Ammalatasi di nefrite, si trasferì negli Stati Uniti per curarsi. Quando divenne evidente che la sua malattia era inoperabile, nel 1975, rientrò in Egitto. Venne ricoverata tra le accorate preghiere degli egiziani e si spense al Cairo il 3 febbraio di quello stesso anno.
Al funerale un fiume umano di 10 Km accompagnò il feretro dalla sua casa fino al cimitero. L’Egitto e l’intero mondo arabo si fermarono per dare l’ultimo saluto alla donna che aveva cantato l’amore in ogni sua sfaccettatura, allo stesso modo in cui, quando era in vita, il Parlamento egiziano interrompeva ogni attività politica pur di poter ascoltare i suoi concerti alla radio.
Umm Kulthum aveva una voce ed una presenza scenica eccezionali: oltre alla tecnica, impeccabile, con la quale modulava ogni singolo suono, talvolta quasi salmodiando, possedeva anche una rara capacità di improvvisazione, che le consentiva di arricchire ogni canzone con vibrazioni diverse.
Umm Kulthum era una perfezionista; amava migliorarsi, dare ogni volta il massimo e non fece mai mistero della severità con cui giudicava se stessa e le sue esibizioni.
Creò dal nulla uno stile ed un repertorio, circondandosi di poeti e compositori tra cui il già citato Rami e Bayram Al-Tunisi.
Salmodiò con la stessa grazia e naturalezza i versi del Corano e quelli del poeta persiano Umar Khayyam.
Le sue canzoni sono letteratura in musica, vere e proprie liriche dedicate all’amore tra innamorati, alla passione, al desiderio di indipendenza del popolo ed al sentimento patriottico e di lealtà verso l’Egitto.
In poco tempo le si schiusero le porte del Palazzo reale e dei salotti più importanti. Umm Kulhum stregò generazioni di arabi (non solo egiziani) ed i suoi dischi sono venduti ancora oggi.
Non è una esagerazione definirla una leggenda. Inoltre fu una self-made woman dal carattere forte ed orgoglioso.
Imparò fin da subito a tenere ben nascosta da sguardi indiscreti la vita privata e selezionò accuratamente ogni intervista, scegliendo addirittura gli argomenti di cui avrebbe parlato.
Non accettò mai di essere definita uno “strumento di propaganda” dei regimi, o una donna senza sentimenti.
Era determinata ed innamorata dell’Egitto, incapace di accettare passivamente che qualcuno decidesse della sua vita o della sua carriera. Seppe, insomma, “amministrarsi”, curando le relazioni sociali e scegliendosi gli amici tra i meno “mondani”.
Ascoltate le sue canzoni: scoprirete un’artista meravigliosa e dotata di grande personalità, una musica travolgente, dei testi pieni di sentimento ma per nulla sdolcinati ed un modo particolare ed indimenticabile di cantare.
Un gioiello prezioso e molto raro: Umm Kulthum il diamante d’Egitto.
Per saperne di più
V.L. Danielson, “The Voice of Egypt”: Umm Kulthum, Arabic Song and Egyptian Society in the Twentieth Century", Chicago 1997;
Biancani Francesca, “Umm Kulthum. La Voce degli Arabi”, ed. Odoya, 2010;
Nassib Selim, “Ti ho amata per la tua Voce”, E/O, 1997.
venerdì 21 settembre 2012
Il conflitto arabo-israeliano: comprendere la Storia

La
questione di interesse internazionale deve essere vista, data la complessità,
da molteplici angolazioni.
In
questo post vorrei proporvi alcuni volumi per approfondire un tema che non può
finire nel dimenticatoio e rappresenta uno dei tasselli fondamentali della
politica estera americana (e non solo). Il conflitto arabo-israeliano è un
argomento da non sottovalutare, in quanto legato a filo doppio con gli sviluppi
della politica internazionale dal Novecento fino ad oggi.

Il
primo libro che vi propongo è “Il Conflitto Israelo-Palestinese. Cent’anni di
Guerra” di James L. Gelvin, ed. Einaudi (2007). Questo saggio è completo,
scritto in modo scorrevole e ricco di fatti storici sull’esodo degli Ebrei
verso la Palestina ed il movimento sionista. Troverete esposte con chiarezza
tutte le questioni irrisolte, gli incontri diplomatici e le diverse politiche
arabe ed israeliane. Completo di cronologia e glossario. Da leggere
assolutamente.
Un
altro libro da non perdere per esaustività e chiarezza nell’analisi è “Storia
del Conflitto Arabo-Israeliano-Palestinese” di Giovanni Codovini, pubblicato da
Mondadori (2004). Un volume che analizza nel dettaglio la vicenda fin dalle
origini riportando, in appendice, le carte geopolitiche, la cronologia ed i
documenti che hanno segnato le tappe della scottante questione.

Esistono,
poi, dei validissimi testi in lingua inglese: “Palestine and the Arab-Israeli
Conflict. A History with Documents” di Charles D. Smith,
ed.Bedfprd/Saint Martin’s, Boston/New York, 2010.
Questo
saggio non può mancare nella vostra libreria. E’ complesso, riporta ogni minimo
dettaglio politico e storico e comprende cartine, glossario, una selezione di documenti
molto interessanti.
La
lettura dell’opera di Smith merita particolare attenzione ed impegno, ma l’analisi
dei fatti è insuperabile.

Infine
vi consiglio un volume scritto dal famoso avvocato e docente di Legge alla
Harvard Law School, Alan Dershowitz. Il suo “The Case for Israel” fa discutere
e presenta il conflitto da un punto di vista completamente diverso rispetto ad
altri libri. Dershowitz parte da alcune domande e, come se si trovasse in un’aula
di tribunale, tenta di trovare una risposta, formulando arringhe con tanto di
accusa e prove. E’ in lingua inglese e lo trovate in ed.Wiley, 2003.
Breve Cronologia del conflitto
1882 - Prima Alyah, migrazione di ebrei verso la Palestina
1897 - Il Primo congresso sionista a Basilea. Theodor Herzl annuncia il diritto degli ebrei ad avere una patria
1916 - Accordi segreti di Sykes-Picot: Francia e Gran Bretagna si spartiscono l’area del Medio Oriente
1917 - Dichiarazione Balfour in cui si cita il "focolare nazionale ebraico"
1936 - Rivolta palestinese
1937 - Primo tentativo di suddivisione della Palestina
1939 - Libro bianco britannico che limita l’immigrazione ebraica in Palestina
1948 - Proclamazione dello Stato di Israele, proclamato il 14 maggio 1948 dal leader David Ben Gurion.
1956 - Guerra del Sinai
1967 - La guerra dei 6 giorni
1970 - Trasferimento dell’Olp in Libano. “Settembre Nero”
1973 - La guerra del Kippur
1979 - La pace tra Egitto e Israele. Presidenti Sadat e Menachem Begin
1981 - Israele annette il Golan
1982 - Parte l'operazione Pace in Galilea
1987 - Prima Intifada
1991 - Conferenza di pace a Madrid
1992 - Politica della “pace in cambio di territori”
1993 - Accordi di Oslo
1995 - Assassinio di Rabin
1996 - Israele sospende le trattative con la Siria dopo una serie di attentati nel Paese
1996 - Netanyahu succede a Peres e Arafat vince le prime elezioni in Palestina
1998 - Accordi di Wye Plantation
2000 - Passeggiata di Ariel Sharon, sulla Spianata delle Moschee: scoppia la seconda Intifada
2004 - Muore Yasser Arafat. Oggi il potere è affidato ad Abu Mazen
2006 - Trionfo di Hamas alle elezioni
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martedì 4 settembre 2012
Ella Zahlan: l’arte della moda
Chi ha detto che la moda è solo frivolezza e bei vestiti che la maggior parte del genere umano non può permettersi?
Disegnare abiti può essere un modo per fare arte, dar vita ad idee e sogni, mostrare la propria creatività. Questo è ciò che fa la stilista Ella Zahlan, determinata quarantenne libanese.
La Zahlan è stata la prima stilista mediorientale a sfilare in Europa, presentando a Roma una collezione dedicata alla cantante libanese ottantacinquenne Sabah, emblema delle donne libere ed emancipate (è stata la prima donna ad indossare una minigonna nel mondo arabo).
Molto nota in Libano, la stilista è una vera e propria icona del femminismo islamico contemporaneo. Nata in Africa, ha trascorso l’infanzia tra Europa e Medio Oriente. Dopo la laurea in Business Administration alla Lebanese American University e studi nel campo della moda, ha aperto il suo primo laboratorio creativo seguito da boutique che hanno conquistato l’approvazione del grande pubblico mediorientale e non solo.

L’incontro tra Occidente e Mondo Arabo è pienamente realizzato da ogni sua collezione.
La donna di Ella Zahlan è simbolo di indipendenza, eleganza e raffinatezza. Un esempio di come la personalità possa passare anche attraverso i vestiti, da sempre considerati effimeri oggetti di un ancor più labile desiderio di bellezza.
Lo stile delle creazioni di Ella Zahlan è molto ricco, ma mai eccessivo. Grande importanza viene data anche agli accessori, capaci di illuminare ed impreziosire i tessuti, insieme a pizzi, cristalli, lustrini, perle e stampe.

E’ la dimostrazione vivente che la moda, coniugata all’arte, al buon gusto, alla seduzione che non si trasforma in volgarità, può diventare uno strumento di espressione di sé, del proprio mondo e della propria essenza.
La stilista ha dedicato anche una collezione alla cantante di origini egiziane Dalida, ricordandola come un mito di eleganza e cosmopolitismo ed elogiandone l’armonia tra la voce di velluto e la bellezza da dea.
Siamo ancora certi che la moda sia solo una frivolezza?
Per saperne di più su Ella Zahlan visitate il suo sito
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mercoledì 29 agosto 2012
Femminismo islamico: cenni di storia
Il femminismo islamico nacque alla fine dell’Ottocento, seguendo le orme dei cambiamenti politici, culturali, sociali e storici innescati dalla nahdah, il fenomeno di rinascita del mondo arabo e islamico.
Nonostante le numerose interazioni tra il femminismo occidentale e quello islamico, quest’ultimo è sempre stato totalmente indipendente dai movimenti per i diritti delle donne europei e americani.
Inoltre si caratterizzò fin da subito per l’orientamento nazionalista e la forte inclinazione verso il panarabismo.
Il femminismo islamico nacque come reazione a due tipi di fattori: i primi, interni, erano legati al contesto sociale e riguardavano la ribellione alla segregazione sessuale attuata nell’Impero Ottomano.
Le donne benestanti, infatti, uscivano raramente dalle loro case e sempre velate. Non avevano bisogno di lavorare ed erano escluse dalla vita pubblica. Questa segregazione divenne ben presto emblema di prestigio e di un elevato tenore di vita, ma anche di un’esistenza senza sbocchi e spesso opprimente.
I fattori esterni, invece, erano strettamente vincolati al dominio militare, culturale ed economico delle potenze europee e alle loro aspre critiche nei confronti della condizione femminile nell’Islam.
Le femministe ritenevano che il percorso di liberazione della donna dovesse essere parallelo a quello per l’indipendenza e molti loro discorsi risentivano del sentimento anticolonialista.
In più la percentuale di analfabetismo tra le donne era davvero molto alta e, in questo caso, la classe sociale non faceva la differenza.
Le ragazze iniziarono a studiare verso la fine dell’Ottocento: le più abbienti con precettori privati, solitamente europei; le altre frequentando scuole pubbliche.
In Egitto, patria di nascita del femminismo islamico, la prima scuola statale femminile venne inaugurata nel 1873. Ma fu solo nel 1929 che un piccolo gruppo di donne poté accedere all’Università del Cairo.
Non si può dimenticare, inoltre, l’importante ruolo svolto dalle scuole missionarie cristiane, presenti in molti Paesi musulmani.
Nei primi anni del Novecento iniziò un interessante dibattito sulla condizione della donna, portato avanti da uomini (parleremo, a breve, dell’influenza di intellettuali come Qasim Amin).
Dagli anni Venti del Novecento, però, anche le donne parteciparono fondando associazioni, salotti letterari femminili e giornali che trattavano apertamente la condizione femminile.
Non solo queste riviste erano dirette da donne e si rivolgevano ad un pubblico femminile; ospitavano anche i loro articoli e le loro opere, mettendo in luce, secondo un’ottica femminista, pregi e difetti della condizione femminile dell’epoca.
Il primo giornale femminile fu “Al-Fatah” (La ragazza), fondato da Hind Nawfal ad Alessandria nel 1892.
Bibliografia
Leila Ahmed: “Oltre il Velo. La donna nell’Islam da
Maometto agli ayatollah”, ed La Nuova Italia, 1995;
Isabella Camera D’Afflitto: “Letteratura araba contemporanea. Dalla
Nahdah a oggi”, ed. Carocci,
2006;
Hoda Sha’rawi: “Harem Years. The Memoirs of an Egyptian Feminist 1879-1924”, ed.
Feminist Press, 1993;
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domenica 26 agosto 2012
Vertigo di Ahmed Mourad

Con il suo romanzo, "Vertigo", Mourad ci dice che è giusto, anzi, doveroso sperare e lottare per ciò in cui si crede.
La sua storia è una scommessa sul futuro, una piccola rivoluzione che parte dal protagonista, che si chiama Ahmed, proprio come il suo creatore e, come lui, porta gli occhiali e fa il fotografo.
Ahmed è l’emblema della trasformazione che sta avvenendo nell’Egitto contemporaneo, dei giovani egiziani che “sopravvivono”, ma avrebbero tutto il diritto di “vivere” e pensare al domani con serenità.
E’ il simbolo stesso di un Paese che ha dato tantissimo alla Storia, ma sembrava aver perso la bussola e la capacità di risollevarsi dalle miserie sociali e politiche che ha dovuto attraversare.
Il nostro protagonista, uomo qualunque e apparentemente destinato a vivere un’esistenza sbiadita, si trova invischiato in un fatto di sangue: l’assassinio di due uomini d’affari nel celebre bar Vertigo.
Testimone dell’orrore, Ahmed non pensa a scappare, ma a scattare foto scottanti del massacro.
A questo punto può fare due cose: tacere o agire.
Sceglie la seconda opzione, più rischiosa, ma indice di grande coraggio. Certo, non può battersi da solo e allo scoperto contro giganti corrotti e spietati, cosi architetta un geniale piano che lo porterà dritto alla soluzione dell’intricato caso del bar “Vertigo”.
Chi si aspetta un libro sulle meraviglie dell’Egitto rimarrà deluso: Mourad descrive l’avidità, la cattiveria, la corruzione, l’ipocrisia, la
lascivia di una società in rapido ed inesorabile declino.
La storia trascina il lettore in un vero e proprio vortice in cui niente è come appare e la verità è un lusso che soprattutto i potenti non possono permettersi.
A tal proposito sono da menzionare le descrizioni del Casino Paris, luogo malfamato in cui Ahmed si ritrova a dover lavorare, regno di attricette e ballerine da quattro soldi, che si vendono per poco e di uomini tanto ricchi quanto volgari e viziosi.
Perfino la stampa è presa di mira: i media non sono garanzia di specchiata moralità, o di attendibilità, bensì uno strumento che, come in un circolo vizioso, corrompe e si lascia corrompere.
L’autore ha saputo coniugare con intelligenza e talento una ambientazione araba, modelli e stili di vita egiziani con uno stile e una tecnica narrativa occidentali.
Non è il primo a farlo; la letteratura araba è piena di esempi di questo tipo, che iniziano con il fenomeno della nahdah. Mourad, inoltre, è dotato di uno stile intrigante, sarcastico e pungente.
E’ una specie di piccolo Faust egiziano, che irride senza pietà e si fa beffe del potere minaccioso.
La censura non lo spaventa, d’altra parte non deve essere stata troppo attenta, se Mourad, ex fotografo di Mubarak, sostiene addirittura che: “ Il regime non ha letto il libro. A queste persone non piaceva affatto leggere. Credo sia stata la mia fortuna”.
E’ lui a guidarci fino in fondo al vortice dello squallore, ma lo fa con leggerezza, una certa dose di speranza e, perché no, di ottimismo.
Vertigo è un romanzo di aperta denuncia, che vi consiglio di non perdere.
Pur non essendo presente l’Egitto storico, quello che i turisti amano visitare, le superbe origini di questa civiltà sono ben visibili sullo sfondo.
Molto interessante è anche il ruolo della donna in questo libro: due immagini speculari ci mostrano da una parte le donnette del Casino Paris, dall’altra la sorella del protagonista, donna colta che si è lasciata sottomettere dal subdolo fascino del fondamentalismo religioso.
Nel mezzo, come a bilanciare questi due estremi femminili, c’è un’altra figura femminile di spicco: la bella, seria e sfortunata Ghada, di cui Ahmed si innamora perdutamente.
La critica sostiene che “Vertigo” abbia preannunciato la Primavera Araba. Forse è cosi, ma credo che quest’opera sia anche lo specchio in cui si può riflettere non solo l’attuale generazione egiziana, ma anche tutti quelli che non vogliono darsi per vinti e non possono rassegnarsi a veder crollare il mondo che li ha visti nascere.
Per chi vuole saperne di più, vi consiglio di leggere la mia recensione di “Vertigo” apparsa sul blog Diario di Pensieri Persi.
Il Libro
Titolo: Vertigo
Autore: Ahmed Mourad
Casa editrice: Marsilio
Collana: Farfalle
Traduzione: Barbara Teresi
Anno: 2012
Prezzo: 18 euro
Trama
Al bar Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, Ahmed Kamàl assiste per caso all'omicidio di due noti uomini d'affari. Fotografo di professione, imprime le immagini della strage sulla pellicola, ed è pronto a farle pubblicare, ma si rivolge al giornale sbagliato: i media del paese sembrano puntare a molta apparenza e poca verità. Intrappolato in una rete di giochi di potere, Ahmed per un po' trova riparo in un locale notturno, popolato da ballerine del ventre e attricette in cerca di gloria, accanto a uomini d'affari e politici: gente influente, persone che al mattino sulle pagine dei giornali sono nemiche, e di notte diventano alleate nel gioco delle parti, tutte riunite nello stesso locale in cerca di donne e alcol, a ostentare la propria ricchezza. Testimone scomodo, Ahmed tuttavia non intende tacere... Accolto in Egitto con grande entusiasmo all'arrivo della primavera araba, Vertigo denuncia il malcostume del paese, senza mai rinunciare all'ironia. Con il suo ritratto schietto di una polizia di stato losca e vendicativa e di una classe politica corrotta, Mourad racconta la difficoltà di trovare un vero modello per le nuove generazioni, il disordine che pervade la nazione, lo stato di vertigine perpetua in cui si confondono ruoli e concetti, dove chi difende i valori morali può subito dopo essere sopraffatto dal proprio interesse personale. Ma tutto questo non gli impedisce di affidare alle sue pagine un messaggio di speranza per i giovani...
La Critica
"Mourad, che di giorno scattava i ritratti ufficiali di Mubarak mentre di notte scriveva per sfogare la sua rabbia contro il regime, è l'autore di un romanzo sulla corruzione che in Egitto è un bestseller"
The Guardian
"Un libro che avrebbe potuto mettere in serio pericolo l'autore, se solo qualcuno del regime l'avesse letto: Vertigo è infatti un ritratto schietto di una polizia di Stato losca e vendicativa, e di una classe politica corrotta"
The Atlantic Wire
"Un giallo dal sapore egiziano, ma che talvolta sembra portarci nel mondo di John Grisham. E' l'esempio di una nuova generazione di scrittori che finalmente è in grado di raggiungere il grande pubblico anche al di là dei confini arabi"
Livres Hebdo
Per saperne di più
Dal libro di Mourad è stato tratto uno sceneggiato (musalsal) mandato in onda nelle tv egiziane durante questo Ramadan.
Ecco il trailer
Sul blog della casa editrice Marsilio trovate, invece,l'intervista all’autore
E ancora il booktrailer del libro.
E ancora il booktrailer del libro.
Biografia
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