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martedì 11 dicembre 2012

La Lingua Araba

Introduzione

L’arabo è una lingua affascinante, di enorme bellezza non solo “visiva", ma anche “sonora”. La sua padronanza, inoltre, amplia notevolmente gli orizzonti mentali e culturali. Per chi l’apprende è una continua scoperta che richiede passione, pazienza, tenacia e molto studio.

Il luogo comune più diffuso riguardo all’arabo è che sia una lingua molto difficile. Inutile nasconderlo; in parte ciò è vero. Per essere del tutto sinceri, bisogna ammettere che ci sono aspetti dell’arabo che risultano più complessi per un madrelingua italiano, altri, invece più semplici. 

Di certo conta molto la motivazione, l’impegno, la costanza, l’attitudine ad apprendere le lingue, il tempo a disposizione. Questi fattori, ovviamente, variano da persona a persona. Inoltre non si deve mai dimenticare che una lingua è strettamente collegata alla propria cultura. Solo accostandosi contemporaneamente all’una e all’altra si potrà affinare il proprio spirito critico e la propria conoscenza del mondo.

E’ importante acquisire la consapevolezza della molteplicità di culture che popolano la Terra e della loro percezione della realtà. Nel caso specifico della lingua araba si deve correggere fin da subito un errore che molti tendono a fare: è arabo chi abbia come lingua madre l’arabo; è musulmano chi abbia l’Islàm come credo religioso. 

I due termini non sono per niente sinonimi, come erroneamente ritiene qualcuno. La maggior parte degli arabi è musulmana, però non si deve dimenticare che esistono anche arabi ebrei ed arabi cristiani. 

D’altra parte tantissimi musulmani non sono arabi, cioè la loro lingua materna non è l’arabo: pensiamo ai malesi, ai persiani o ai turchi, per esempio. L’Islàm, inoltre, è una religione che riconosce sia il Cristianesimo che l’Ebraismo come suoi diretti predecessori e non solo per un fatto meramente cronologico. 

Questa nuova sezione si propone di spiegare ed approfondire la nascita, la storia, gli stili, il valore religioso e la diffusione di questa splendida lingua, sfatando alcuni pregiudizi duri a morire. Non solo: le lettere arabe hanno una complessa simbologia che La Mano di Fatima analizzerà man mano. 

Intanto si può iniziare dando un’occhiata alla forma “esterna” dell’arabo (si consenta il termine improprio ma diretto) per poi passare agli altri argomenti. Ovviamente questo non è e non vuole essere un corso di arabo. Ne esistono già di ottimi, scritti da specialisti della materia e, certo, questo blog non ha tali finalità. 


Aspetti generali dell’arabo

Dal punto di vista fonologico la lingua araba presenta dei fonemi inesistenti in italiano ed è proprio su questi e sull’alternanza tra vocali brevi e lunghe che bisogna lavorare intensamente durante i primi mesi di apprendimento.

Relativamente alla morfologia, invece, le difficoltà, all’inizio, possono disorientare un po’, ma occorre ricordare che la morfologia araba ha un buon livello di regolarità. 

La sintassi non presenta un particolare grado di difficoltà, ma, anche in questo caso, ci sono regole che vanno imparate e a cui bisogna prestare una certa attenzione.

Il lessico, poi, necessita una particolare applicazione, in quanto l’arabo è una lingua semitica (come l’ebraico), non indoeuropea (come l’italiano o l’inglese); ciò significa che non è intuibile la parentela tra una parola araba e una italiana. 

L’arabo presenta anche altre difficoltà: l’alfabeto è sinistrorso, cioè si scrive da destra a sinistra, il sistema vocalico possiede solo tre timbri /a, i, u/ che possono essere brevi o lunghi. Spesso le vocali brevi non vengono segnalate nella scrittura e questo può creare la possibilità di diverse letture di una stessa parola. Di solito il contesto chiarisce l’ambiguità, ma non sempre. Inoltre ogni lettera ha forme diverse a seconda della posizione che occupa nella parola: iniziale, mediana, finale o isolata. 

L’arabo a cui ci si riferisce qui è lo standard contemporaneo, lingua ufficiale dei Paesi che aderiscono alla Lega Araba, insegnato nelle scuole arabe, in cui vengono scritti i giornali e i libri degli autori arabi del Novecento, che si può ascoltare in televisione o alla radio. 

Questa lingua deriva dall’arabo classico, cioè dalla lingua in cui è stato scritto il Corano, ma la sua storia è ancora più lunga e affonda le radici addirittura nell’Arabia preislamica. Dal XIII sec. In poi dell’era cristiana (VI dell’Egira) l’arabo classico diventa una lingua per pochi eletti, di solito letterati. Nella vita quotidiana, intanto, si affermano le parlate neoarabe

Dall’Ottocento in poi con la Nahda (il Risveglio) letterario e sociale, questa lingua torna a nuova vita, modernizzandosi e creando neologismi grazie anche all’apporto di scienziati e letterati arabi. Nonostante questo, però, l’arabo standard non si è ancora imposto come lingua di tutti i giorni, ma è tuttora ancorato all’ambito formale già citato. Infatti è l’arabo dialettale, o neoarabo, ad essere usato nelle situazioni di tutti i giorni e diverso da Paese a Paese (ma anche da regione a regione all’interno di un singolo Stato).

Chi conosce solo lo standard non comprende le parlate dialettali. Dunque coloro che si accostano all’arabo, se non hanno solo interessi letterari, dovranno imparare lo standard e almeno un dialetto. Quest’ultimo, una volta appreso lo standard, si impara con una certa facilità. A questo link trovate l’alfabeto con il nome delle lettere, la pronuncia e la relativa trascrizione. 


Bibliografia

Mion Giuliano, "La Lingua Araba" ed. Carocci, 2007;
Durand Olivier, Langone Angela Daiana, Mion Giuliano, "Corso di arabo contemporaneo", Hoepli, 2010.
















































































































































































domenica 26 agosto 2012

Vertigo di Ahmed Mourad

Può un solo uomo cambiare ciò che non va nella realtà circostante? Da dove parte la voglia di libertà e di cambiamento? Bisogna rassegnarsi ad un mondo marcio e meschino, oppure vale sempre la pena lottare, anche quando si rischia grosso? 

Con il suo romanzo, "Vertigo", Mourad ci dice che è giusto, anzi, doveroso sperare e lottare per ciò in cui si crede. La sua storia è una scommessa sul futuro, una piccola rivoluzione che parte dal protagonista, che si chiama Ahmed, proprio come il suo creatore e, come lui, porta gli occhiali e fa il fotografo. 

Ahmed è l’emblema della trasformazione che sta avvenendo nell’Egitto contemporaneo, dei giovani egiziani che “sopravvivono”, ma avrebbero tutto il diritto di “vivere” e pensare al domani con serenità. 

E’ il simbolo stesso di un Paese che ha dato tantissimo alla Storia, ma sembrava aver perso la bussola e la capacità di risollevarsi dalle miserie sociali e politiche che ha dovuto attraversare. 

Il nostro protagonista, uomo qualunque e apparentemente destinato a vivere un’esistenza sbiadita, si trova invischiato in un fatto di sangue: l’assassinio di due uomini d’affari nel celebre bar Vertigo. Testimone dell’orrore, Ahmed non pensa a scappare, ma a scattare foto scottanti del massacro. 

A questo punto può fare due cose: tacere o agire. Sceglie la seconda opzione, più rischiosa, ma indice di grande coraggio. Certo, non può battersi da solo e allo scoperto contro giganti corrotti e spietati, cosi architetta un geniale piano che lo porterà dritto alla soluzione dell’intricato caso del bar “Vertigo”.

Chi si aspetta un libro sulle meraviglie dell’Egitto rimarrà deluso: Mourad descrive l’avidità, la cattiveria, la corruzione, l’ipocrisia, la lascivia di una società in rapido ed inesorabile declino. La storia trascina il lettore in un vero e proprio vortice in cui niente è come appare e la verità è un lusso che soprattutto i potenti non possono permettersi. 

A tal proposito sono da menzionare le descrizioni del Casino Paris, luogo malfamato in cui Ahmed si ritrova a dover lavorare, regno di attricette e ballerine da quattro soldi, che si vendono per poco e di uomini tanto ricchi quanto volgari e viziosi. 

Perfino la stampa è presa di mira: i media non sono garanzia di specchiata moralità, o di attendibilità, bensì uno strumento che, come in un circolo vizioso, corrompe e si lascia corrompere. 

L’autore ha saputo coniugare con intelligenza e talento una ambientazione araba, modelli e stili di vita egiziani con uno stile e una tecnica narrativa occidentali. Non è il primo a farlo; la letteratura araba è piena di esempi di questo tipo, che iniziano con il fenomeno della nahdah. Mourad, inoltre, è dotato di uno stile intrigante, sarcastico e pungente. 

E’ una specie di piccolo Faust egiziano, che irride senza pietà e si fa beffe del potere minaccioso. La censura non lo spaventa, d’altra parte non deve essere stata troppo attenta, se Mourad, ex fotografo di Mubarak, sostiene addirittura che: “ Il regime non ha letto il libro. A queste persone non piaceva affatto leggere. Credo sia stata la mia fortuna”. 

E’ lui a guidarci fino in fondo al vortice dello squallore, ma lo fa con leggerezza, una certa dose di speranza e, perché no, di ottimismo. Vertigo è un romanzo di aperta denuncia, che vi consiglio di non perdere. 

Pur non essendo presente l’Egitto storico, quello che i turisti amano visitare, le superbe origini di questa civiltà sono ben visibili sullo sfondo. 

Molto interessante è anche il ruolo della donna in questo libro: due immagini speculari ci mostrano da una parte le donnette del Casino Paris, dall’altra la sorella del protagonista, donna colta che si è lasciata sottomettere dal subdolo fascino del fondamentalismo religioso. Nel mezzo, come a bilanciare questi due estremi femminili, c’è un’altra figura femminile di spicco: la bella, seria e sfortunata Ghada, di cui Ahmed si innamora perdutamente. 

La critica sostiene che “Vertigo” abbia preannunciato la Primavera Araba. Forse è cosi, ma credo che quest’opera sia anche lo specchio in cui si può riflettere non solo l’attuale generazione egiziana, ma anche tutti quelli che non vogliono darsi per vinti e non possono rassegnarsi a veder crollare il mondo che li ha visti nascere. 

Per chi vuole saperne di più, vi consiglio di leggere la mia recensione di “Vertigo” apparsa sul blog Diario di Pensieri Persi. 

Il Libro

Titolo: Vertigo 
Autore: Ahmed Mourad 
Casa editrice: Marsilio 
Collana: Farfalle 
Traduzione: Barbara Teresi 
Anno: 2012 
Prezzo: 18 euro 

Trama

Al bar Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, Ahmed Kamàl assiste per caso all'omicidio di due noti uomini d'affari. Fotografo di professione, imprime le immagini della strage sulla pellicola, ed è pronto a farle pubblicare, ma si rivolge al giornale sbagliato: i media del paese sembrano puntare a molta apparenza e poca verità. Intrappolato in una rete di giochi di potere, Ahmed per un po' trova riparo in un locale notturno, popolato da ballerine del ventre e attricette in cerca di gloria, accanto a uomini d'affari e politici: gente influente, persone che al mattino sulle pagine dei giornali sono nemiche, e di notte diventano alleate nel gioco delle parti, tutte riunite nello stesso locale in cerca di donne e alcol, a ostentare la propria ricchezza. Testimone scomodo, Ahmed tuttavia non intende tacere... Accolto in Egitto con grande entusiasmo all'arrivo della primavera araba, Vertigo denuncia il malcostume del paese, senza mai rinunciare all'ironia. Con il suo ritratto schietto di una polizia di stato losca e vendicativa e di una classe politica corrotta, Mourad racconta la difficoltà di trovare un vero modello per le nuove generazioni, il disordine che pervade la nazione, lo stato di vertigine perpetua in cui si confondono ruoli e concetti, dove chi difende i valori morali può subito dopo essere sopraffatto dal proprio interesse personale. Ma tutto questo non gli impedisce di affidare alle sue pagine un messaggio di speranza per i giovani... 

La Critica

"Mourad, che di giorno scattava i ritratti ufficiali di Mubarak mentre di notte scriveva per sfogare la sua rabbia contro il regime, è l'autore di un romanzo sulla corruzione che in Egitto è un bestseller"  
The Guardian 

"Un libro che avrebbe potuto mettere in serio pericolo l'autore, se solo qualcuno del regime l'avesse letto: Vertigo è infatti un ritratto schietto di una polizia di Stato losca e vendicativa, e di una classe politica corrotta"  
The Atlantic Wire

"Un giallo dal sapore egiziano, ma che talvolta sembra portarci nel mondo di John Grisham. E' l'esempio di una nuova generazione di scrittori che finalmente è in grado di raggiungere il grande pubblico anche al di là dei confini arabi"  
Livres Hebdo

Per saperne di più

Dal libro di Mourad è stato tratto uno sceneggiato (musalsal) mandato in onda nelle tv egiziane durante questo Ramadan. 
Ecco il trailer
Sul blog della casa editrice Marsilio trovate, invece,l'intervista all’autore
E ancora  il booktrailer del libro.
Biografia

Ahmed Mourad (Il Cairo 1978) ha studiato cinematografia. Ex fotografo personale di Mubarak, regista e scrittore, ha ricevuto diversi premi per i suoi cortometraggi. Vertigo è il suo primo libro, all'ottava edizione in Egitto, di recente pubblicato anche in UK per Bloomsbury.

mercoledì 8 agosto 2012

Ya’qub Ibn Rafa’il Sanu’ (1839-1912)

Ya’qub Ibn Rafa’il Sanu’, noto anche come James Sanua, nacque al Cairo da una famiglia di origini ebraiche.

Fu giornalista poliglotta, drammaturgo, insegnante presso la Scuola del Politecnico e perfino precettore presso alcune famiglie dell’aristocrazia egiziana. 

Nel 1850 partì per Livorno, città d’origine della sua famiglia, dove si dedicò allo studio della lingua e della letteratura italiana, alla storia dell’arte e alla musica. Sanu’ venne colpito dal fascino del teatro europeo, in special modo da quello francese e italiano. L’incontro con il riformista Al-Afghani lo convinse a diffondere il messaggio nazionalista, che Sanu aveva abbracciato da tempo, attraverso la drammaturgia. 

La sua attività teatrale durò solo un paio di anni, ma fornì un prezioso contributo allo sviluppo del teatro egiziano moderno. L’autore scrisse trenta pièce, alcune in italiano. Purtroppo ne sono giunte fino a noi solo sette. Sanu recuperò dal patrimonio popolare elementi come il Karagoz, la farsa, fondendoli con maestria ed abilità nelle sue opere. 

Il suo primo lavoro andò in scena nel 1870. Si tratta di Ghina’yyah fi’ l-lughah al-ammiyyah (“Un’operetta in ammiyyah”), che narra le avventure in Egitto di un europeo che vuole a tutti i costi entrare nell’harem del sultano.

Il talento di Sanu venne ben presto notato dal khedivé Ismail, che lo invitò a mettere in scena le sue opere a palazzo. Fu lo stesso khedivé a coniare per lui il soprannome Muliyr Misr, Molière d’Egitto. Il rapporto tra i due, però, si incrinò quasi subito; Ismail, infatti, non tardò a rendersi conto che l’oggetto della satira del suo protetto era proprio lui. 

Sanu lo accusava di essere un suddito delle potenze europee e di avere completamente dimenticato le zone rurali dell’Egitto, abbandonandole al loro destino. Nel 1872 avvenne la rottura definitiva tra il khedivé ed il drammaturgo. Quest’ultimo non si arrese e continuò l’attività politica fino a che non venne costretto all’esilio in Francia, dove continuò fino alla fine a scrivere articoli e opere teatrali destinate più alla lettura che alla rappresentazione. 

Sanu scrisse le sue pièce in ammiyyah (dialetto egiziano), ma gli attori non disponevano di veri e propri copioni, bensì di canovacci che era possibile modificare in qualunque momento. Gli attori erano tutti uomini ed i temi per lo più a carattere sociale: poligamia ( a cui Sanu si dichiarò sempre contrario) o matrimoni combinati, per esempio. 

Il drammaturgo scrisse anche un’opera che lo toccava da vicino, riguardante l’attività teatrale ed i rapporti con le autorità: Muliyr Misr wa ma yuqasih (“Il Molière d’Egitto e le sue sofferenze”). 

Sanu non fu solo uno dei pionieri del teatro arabo, ma anche un uomo capace di difendere ciò in cui credeva e di ricominciare ogni volta con determinazione, a dispetto delle vicissitudini e dell’ira dei potenti del suo tempo.


Bibliografia 

Ruocco Monica, “Storia del Teatro Arabo. Dalla Nahdah a oggi”, Carocci, 2010

venerdì 27 luglio 2012

Il Femminismo Islamico: donne in prima linea nella lotta per l’emancipazione

Con questo post introduttivo si inaugura una nuova sezione tutta dedicata al femminismo nel mondo arabo-islamico. 

Esistono ancora, purtroppo, persone che non conoscono le forti spinte per la rivendicazione dell’emancipazione e dei diritti umani per cui hanno lottato e continuano a lottare molte musulmane e cristiane

Il femminismo non è solo occidentale come, del resto, non lo è nemmeno il concetto di libertà. Molte donne, provenienti da diversi background culturali, religiosi e sociali, si sono esposte senza paura al fine di garantire un futuro migliore alle figlie, alle mogli, alle sorelle e alle madri nate e cresciute in Paesi arabi e/o musulmani. 

Il femminismo arabo-islamico non è certo un fenomeno recente: ha alle spalle più di un secolo di storia che l’Occidente sta riscoprendo poco a poco. I movimenti femminili, creatisi tra Ottocento e Novecento, hanno seguito un percorso parallelo a quello per la costruzione delle identità nazionali e dell’indipendenza politica. 

Purtroppo c’è sempre stata una certa resistenza a considerarli un passo fondamentale per il raggiungimento della libertà degli Stati arabi ed islamici. Il femminismo in questa parte di mondo, inoltre, non è un fenomeno omogeneo; per analizzarlo in modo esauriente, occorre tenere conto delle realtà regionali, sociali, politiche e religiose di ogni nazione.

E’ molto importante, poi, ricordare l’esistenza di una corrente femminista molto forte che propugna una rilettura del Corano dal punto di vista delle donne e si concentra su una radicale riforma delle istituzioni di stampo patriarcale

Per fare ciò occorrono due elementi: uno è l’ijtihad, ossia la ricerca sulle fonti religiose ed il tafsir, cioè l’esegesi coranica. Accanto a questo tipo di studi c’è anche l’analisi approfondita della vita del Profeta e delle sue mogli

La base su cui poggia questa prospettiva è molto semplice: la discriminazione femminile nasce da una distorta ed imparziale interpretazione maschile e maschilista delle fonti. La subordinazione creatasi a causa di questo processo ha portato all’esclusione delle donne dalla vita politica, sociale, dalla formazione di una giurisprudenza islamica e all’oblio delle grandi donne arabe e musulmane che hanno fatto la Storia. 

Dunque l’errore non è nei testi, ma nell’interpretazione di questi. Non nella religione ma nel modo di intenderla. Il messaggio del Profeta non è, secondo le teorie di queste studiose, né misogino né maschilista ed il Corano può essere reinterpretato alla luce dei nuovi tempi e delle nuove società.

Oggi, grazie ad Internet, ai libri e alle riviste, le femministe hanno modo di farsi conoscere e spiegare le loro idee al mondo intero. 

Esiste, infine, una differenza che non può essere trascurata: quella tra femministe musulmane ed islamiste. Le prime vogliono affermare un Islam progressista guidato da istituzioni governative laiche, le seconde, invece, chiedono la realizzazione di Stati islamici, o influenzati dalla religione nelle loro strutture politiche fondanti. 

Per questi due gruppi il ruolo centrale dell’Islam non implica un ritorno al passato, ma una rilettura sociale e politica che rispecchi le nuove esigenze del XXI secolo.

Bibliografia

Pepicelli Renata, “Femminismo Islamico. Corano, diritti, riforme” ed. Carocci, 2010; 

Ahmed Leila, “Oltre il Velo. La Donna nell’Islam da Maometto agli ayatollah”, ed. La Nuova Italia, 1992; 

Camera D’Afflitto Isabella, “Letteratura Araba Contemporanea. Dalla Nahdah a oggi”. Ed. Carocci, 2006.

sabato 14 luglio 2012

I pionieri del teatro arabo: introduzione

Il teatro arabo moderno nacque grazie all’intuizione di uomini e donne che videro in questo tipo di arte un mezzo di sviluppo sociale e culturale.

L’apporto della drammaturgia europea, per la sua importanza, è impossibile da trascurare. I viaggi degli intellettuali musulmani in Europa e le tournèe delle compagnie italiane, francesi, o inglesi nel mondo arabo e islamico contribuirono a questo prezioso scambio culturale durante il periodo della Nahdah, il “Risveglio” sociale ed intellettuale che per tutto l’Ottocento attraversò il mondo islamico. 

I protagonisti del teatro arabo capirono immediatamente il valore didattico di quest’arte, capace di descrivere e mostrare le situazioni della realtà, analizzandone con spirito critico il contesto sociale e politico. Il teatro, dunque, fu un mezzo di rottura, di crollo per molti tabù: le donne poterono assistere agli spettacoli fino a diventare esse stesse attrici; si misero in scena pièce riguardanti i personaggi della storia classica la cui memoria, fino a quel momento, era stata custodita gelosamente. 

Non mancò nemmeno una fervida critica alle autorità. Inoltre molti protagonisti del teatro arabo furono vicini ai movimenti nazionalisti, socialisti e riformisti. Utilizzarono il mezzo teatrale per veicolare le proprie idee e denunciare i problemi della società. Il teatro, però, ebbe anche un altro merito: riuscì a formare il pubblico, ad educarlo, a formare coscienze e spirito critico. 

Le prime rappresentazioni si svolsero in case private alla presenza dell’élite locale. Pian piano vennero costruiti teatri in grado di ospitare anche duemila persone, dove si ritrovarono, uno accanto all’altro, uomini di etnie diverse, di differenti credi religiosi, analfabeti e intellettuali. Prossimamente vedremo, per cominciare, tre figure di spicco della drammaturgia araba: Marun Ibn Ilyas Al-Naqqash, Abu Khalil Al-Qabbani e Yaqub Ibn Rafa’il Sanu.