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mercoledì 29 agosto 2012

Femminismo islamico: cenni di storia

Il femminismo islamico nacque alla fine dell’Ottocento, seguendo le orme dei cambiamenti politici, culturali, sociali e storici innescati dalla nahdah, il fenomeno di rinascita del mondo arabo e islamico.

Nonostante le numerose interazioni tra il femminismo occidentale e quello islamico, quest’ultimo è sempre stato totalmente indipendente dai movimenti per i diritti delle donne europei e americani. 

Inoltre si caratterizzò fin da subito per l’orientamento nazionalista e la forte inclinazione verso il panarabismo. Il femminismo islamico nacque come reazione a due tipi di fattori: i primi, interni, erano legati al contesto sociale e riguardavano la ribellione alla segregazione sessuale attuata nell’Impero Ottomano. 

Le donne benestanti, infatti, uscivano raramente dalle loro case e sempre velate. Non avevano bisogno di lavorare ed erano escluse dalla vita pubblica. Questa segregazione divenne ben presto emblema di prestigio e di un elevato tenore di vita, ma anche di un’esistenza senza sbocchi e spesso opprimente.

I fattori esterni, invece, erano strettamente vincolati al dominio militare, culturale ed economico delle potenze europee e alle loro aspre critiche nei confronti della condizione femminile nell’Islam. 

Le femministe ritenevano che il percorso di liberazione della donna dovesse essere parallelo a quello per l’indipendenza e molti loro discorsi risentivano del sentimento anticolonialista. In più la percentuale di analfabetismo tra le donne era davvero molto alta e, in questo caso, la classe sociale non faceva la differenza. 

Le ragazze iniziarono a studiare verso la fine dell’Ottocento: le più abbienti con precettori privati, solitamente europei; le altre frequentando scuole pubbliche. 

In Egitto, patria di nascita del femminismo islamico, la prima scuola statale femminile venne inaugurata nel 1873. Ma fu solo nel 1929 che un piccolo gruppo di donne poté accedere all’Università del Cairo. 

Non si può dimenticare, inoltre, l’importante ruolo svolto dalle scuole missionarie cristiane, presenti in molti Paesi musulmani. Nei primi anni del Novecento iniziò un interessante dibattito sulla condizione della donna, portato avanti da uomini (parleremo, a breve, dell’influenza di intellettuali come Qasim Amin).

Dagli anni Venti del Novecento, però, anche le donne parteciparono fondando associazioni, salotti letterari femminili e giornali che trattavano apertamente la condizione femminile. Non solo queste riviste erano dirette da donne e si rivolgevano ad un pubblico femminile; ospitavano anche i loro articoli e le loro opere, mettendo in luce, secondo un’ottica femminista, pregi e difetti della condizione femminile dell’epoca. 

Il primo giornale femminile fu “Al-Fatah” (La ragazza), fondato da Hind Nawfal ad Alessandria nel 1892. 

Bibliografia 
 
Leila Ahmed: “Oltre il Velo. La donna nell’Islam da Maometto agli ayatollah”, ed La Nuova Italia, 1995;
Isabella Camera D’Afflitto: “Letteratura araba contemporanea. Dalla Nahdah a oggi”, ed. Carocci, 2006;
Hoda Sha’rawi: “Harem Years. The Memoirs of an Egyptian Feminist 1879-1924”, ed. Feminist Press, 1993;

venerdì 27 luglio 2012

Il Femminismo Islamico: donne in prima linea nella lotta per l’emancipazione

Con questo post introduttivo si inaugura una nuova sezione tutta dedicata al femminismo nel mondo arabo-islamico. 

Esistono ancora, purtroppo, persone che non conoscono le forti spinte per la rivendicazione dell’emancipazione e dei diritti umani per cui hanno lottato e continuano a lottare molte musulmane e cristiane

Il femminismo non è solo occidentale come, del resto, non lo è nemmeno il concetto di libertà. Molte donne, provenienti da diversi background culturali, religiosi e sociali, si sono esposte senza paura al fine di garantire un futuro migliore alle figlie, alle mogli, alle sorelle e alle madri nate e cresciute in Paesi arabi e/o musulmani. 

Il femminismo arabo-islamico non è certo un fenomeno recente: ha alle spalle più di un secolo di storia che l’Occidente sta riscoprendo poco a poco. I movimenti femminili, creatisi tra Ottocento e Novecento, hanno seguito un percorso parallelo a quello per la costruzione delle identità nazionali e dell’indipendenza politica. 

Purtroppo c’è sempre stata una certa resistenza a considerarli un passo fondamentale per il raggiungimento della libertà degli Stati arabi ed islamici. Il femminismo in questa parte di mondo, inoltre, non è un fenomeno omogeneo; per analizzarlo in modo esauriente, occorre tenere conto delle realtà regionali, sociali, politiche e religiose di ogni nazione.

E’ molto importante, poi, ricordare l’esistenza di una corrente femminista molto forte che propugna una rilettura del Corano dal punto di vista delle donne e si concentra su una radicale riforma delle istituzioni di stampo patriarcale

Per fare ciò occorrono due elementi: uno è l’ijtihad, ossia la ricerca sulle fonti religiose ed il tafsir, cioè l’esegesi coranica. Accanto a questo tipo di studi c’è anche l’analisi approfondita della vita del Profeta e delle sue mogli

La base su cui poggia questa prospettiva è molto semplice: la discriminazione femminile nasce da una distorta ed imparziale interpretazione maschile e maschilista delle fonti. La subordinazione creatasi a causa di questo processo ha portato all’esclusione delle donne dalla vita politica, sociale, dalla formazione di una giurisprudenza islamica e all’oblio delle grandi donne arabe e musulmane che hanno fatto la Storia. 

Dunque l’errore non è nei testi, ma nell’interpretazione di questi. Non nella religione ma nel modo di intenderla. Il messaggio del Profeta non è, secondo le teorie di queste studiose, né misogino né maschilista ed il Corano può essere reinterpretato alla luce dei nuovi tempi e delle nuove società.

Oggi, grazie ad Internet, ai libri e alle riviste, le femministe hanno modo di farsi conoscere e spiegare le loro idee al mondo intero. 

Esiste, infine, una differenza che non può essere trascurata: quella tra femministe musulmane ed islamiste. Le prime vogliono affermare un Islam progressista guidato da istituzioni governative laiche, le seconde, invece, chiedono la realizzazione di Stati islamici, o influenzati dalla religione nelle loro strutture politiche fondanti. 

Per questi due gruppi il ruolo centrale dell’Islam non implica un ritorno al passato, ma una rilettura sociale e politica che rispecchi le nuove esigenze del XXI secolo.

Bibliografia

Pepicelli Renata, “Femminismo Islamico. Corano, diritti, riforme” ed. Carocci, 2010; 

Ahmed Leila, “Oltre il Velo. La Donna nell’Islam da Maometto agli ayatollah”, ed. La Nuova Italia, 1992; 

Camera D’Afflitto Isabella, “Letteratura Araba Contemporanea. Dalla Nahdah a oggi”. Ed. Carocci, 2006.