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mercoledì 8 agosto 2012

Ya’qub Ibn Rafa’il Sanu’ (1839-1912)

Ya’qub Ibn Rafa’il Sanu’, noto anche come James Sanua, nacque al Cairo da una famiglia di origini ebraiche.

Fu giornalista poliglotta, drammaturgo, insegnante presso la Scuola del Politecnico e perfino precettore presso alcune famiglie dell’aristocrazia egiziana. 

Nel 1850 partì per Livorno, città d’origine della sua famiglia, dove si dedicò allo studio della lingua e della letteratura italiana, alla storia dell’arte e alla musica. Sanu’ venne colpito dal fascino del teatro europeo, in special modo da quello francese e italiano. L’incontro con il riformista Al-Afghani lo convinse a diffondere il messaggio nazionalista, che Sanu aveva abbracciato da tempo, attraverso la drammaturgia. 

La sua attività teatrale durò solo un paio di anni, ma fornì un prezioso contributo allo sviluppo del teatro egiziano moderno. L’autore scrisse trenta pièce, alcune in italiano. Purtroppo ne sono giunte fino a noi solo sette. Sanu recuperò dal patrimonio popolare elementi come il Karagoz, la farsa, fondendoli con maestria ed abilità nelle sue opere. 

Il suo primo lavoro andò in scena nel 1870. Si tratta di Ghina’yyah fi’ l-lughah al-ammiyyah (“Un’operetta in ammiyyah”), che narra le avventure in Egitto di un europeo che vuole a tutti i costi entrare nell’harem del sultano.

Il talento di Sanu venne ben presto notato dal khedivé Ismail, che lo invitò a mettere in scena le sue opere a palazzo. Fu lo stesso khedivé a coniare per lui il soprannome Muliyr Misr, Molière d’Egitto. Il rapporto tra i due, però, si incrinò quasi subito; Ismail, infatti, non tardò a rendersi conto che l’oggetto della satira del suo protetto era proprio lui. 

Sanu lo accusava di essere un suddito delle potenze europee e di avere completamente dimenticato le zone rurali dell’Egitto, abbandonandole al loro destino. Nel 1872 avvenne la rottura definitiva tra il khedivé ed il drammaturgo. Quest’ultimo non si arrese e continuò l’attività politica fino a che non venne costretto all’esilio in Francia, dove continuò fino alla fine a scrivere articoli e opere teatrali destinate più alla lettura che alla rappresentazione. 

Sanu scrisse le sue pièce in ammiyyah (dialetto egiziano), ma gli attori non disponevano di veri e propri copioni, bensì di canovacci che era possibile modificare in qualunque momento. Gli attori erano tutti uomini ed i temi per lo più a carattere sociale: poligamia ( a cui Sanu si dichiarò sempre contrario) o matrimoni combinati, per esempio. 

Il drammaturgo scrisse anche un’opera che lo toccava da vicino, riguardante l’attività teatrale ed i rapporti con le autorità: Muliyr Misr wa ma yuqasih (“Il Molière d’Egitto e le sue sofferenze”). 

Sanu non fu solo uno dei pionieri del teatro arabo, ma anche un uomo capace di difendere ciò in cui credeva e di ricominciare ogni volta con determinazione, a dispetto delle vicissitudini e dell’ira dei potenti del suo tempo.


Bibliografia 

Ruocco Monica, “Storia del Teatro Arabo. Dalla Nahdah a oggi”, Carocci, 2010

domenica 15 luglio 2012

Marun Ibn Ilyas Al-Naqqash (1817-1855)

Marun Ibn Ilyas Al-Naqqash, è considerato il fondatore del teatro arabo. Nacque a Sidone da una famiglia di commercianti cristiano-maroniti. Nel 1825 si trasferì a Beirut per motivi di studio e a diciotto anni cominciò a comporre i primi poemi.

Lavorò nell’ufficio della dogana, ma poi iniziò ad occuparsi degli affari di famiglia, intraprendendo numerosi viaggi. Nel 1846 Al-Naqqash si recò in Egitto e da lì partì per Napoli dove poté assistere a diverse rappresentazioni teatrali che lo colpirono profondamente.

Tornò a Beirut con l’intenzione di trasmettere ai suoi concittadini questa passione per il teatro. Organizzò, cosi, uno spettacolo in casa sua. Tra il 1847 e il 1848 mise in scena l’opera Al-Bakhil, L’Avaro. Il discorso introduttivo all’opera, in cui l’autore illustrò la sua concezione del teatro, divenne famoso per la frase: “Il teatro è un paradiso in terra e una festa senza fine”

Al-Bakhil è stata definita una “riwayyah mudhikah kulluha mulahhanah”, cioè “una pièce comica interamente musicata”, in cui ad ogni personaggio corrisponde una precisa melodia. Alcuni studiosi sostengono, ancora oggi, che l’opera sia un adattamento di L’Avare di Molière; altri sostengono, invece, che le differenze tra Al-Bakhil e L’Avare siano cosi tante e tali da far ritenere che Al Naqqash abbia creato un’opera originale, in cui il capolavoro di Molière ha avuto la funzione di ipotesto.

E’ vero, in effetti, che il drammaturgo libanese apportò molti cambiamenti alla storia, per venire incontro ai gusti dei suoi concittadini. Il testo di Al-Bakhil è in lingua fusha, versi e prosa rimata, mentre la lingua ammiyyah viene usata per caratterizzare personaggi di rango più basso. 

Gli attori furono membri, rigorosamente uomini, della famiglia di Al-Naqqash. Il pubblico era composto da notabili locali o dignitari stranieri. Al-Naqqash riprese alcune caratteristiche del teatro europeo, come la presenza del suggeritore.

L'autore ottenne grande successo e decise di continuare la sua carriera teatrale. Tra le opere più importanti si può ricordare Abu’l-Hasan Al-Mughaffal aw Harun Al-Rashid (Abu’l-Hasan l’ingenuo o Harun Al-Rashid) datata 1849/1850. Il testo riprende un racconto delle Mille e Una Notte ed è considerato la prima opera originale del teatro arabo. Scritta in prosa alternata a versi, è solo parzialmente musicata. 

Al-Naqqash non trascura nulla, riuscendo a rappresentare perfettamente la Baghdad del X secolo. Una curiosità: con questo autore per la prima volta nei copioni teatrali comparvero i segni di interpunzione.

Marun Al-Naqqash morì a soli trentotto anni a causa di una febbre contratta durante un viaggio a Tarso. Il teatro che aveva fatto costruire venne trasformato in chiesa dopo la sua morte, rispettando le sue ultime volontà. 

Bibliografia:

Monica Ruocco, Storia del Teatro Arabo. Dalla Nahdah a oggi, ed. Carocci, 2010 

sabato 14 luglio 2012

I pionieri del teatro arabo: introduzione

Il teatro arabo moderno nacque grazie all’intuizione di uomini e donne che videro in questo tipo di arte un mezzo di sviluppo sociale e culturale.

L’apporto della drammaturgia europea, per la sua importanza, è impossibile da trascurare. I viaggi degli intellettuali musulmani in Europa e le tournèe delle compagnie italiane, francesi, o inglesi nel mondo arabo e islamico contribuirono a questo prezioso scambio culturale durante il periodo della Nahdah, il “Risveglio” sociale ed intellettuale che per tutto l’Ottocento attraversò il mondo islamico. 

I protagonisti del teatro arabo capirono immediatamente il valore didattico di quest’arte, capace di descrivere e mostrare le situazioni della realtà, analizzandone con spirito critico il contesto sociale e politico. Il teatro, dunque, fu un mezzo di rottura, di crollo per molti tabù: le donne poterono assistere agli spettacoli fino a diventare esse stesse attrici; si misero in scena pièce riguardanti i personaggi della storia classica la cui memoria, fino a quel momento, era stata custodita gelosamente. 

Non mancò nemmeno una fervida critica alle autorità. Inoltre molti protagonisti del teatro arabo furono vicini ai movimenti nazionalisti, socialisti e riformisti. Utilizzarono il mezzo teatrale per veicolare le proprie idee e denunciare i problemi della società. Il teatro, però, ebbe anche un altro merito: riuscì a formare il pubblico, ad educarlo, a formare coscienze e spirito critico. 

Le prime rappresentazioni si svolsero in case private alla presenza dell’élite locale. Pian piano vennero costruiti teatri in grado di ospitare anche duemila persone, dove si ritrovarono, uno accanto all’altro, uomini di etnie diverse, di differenti credi religiosi, analfabeti e intellettuali. Prossimamente vedremo, per cominciare, tre figure di spicco della drammaturgia araba: Marun Ibn Ilyas Al-Naqqash, Abu Khalil Al-Qabbani e Yaqub Ibn Rafa’il Sanu.