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domenica 20 dicembre 2020

Il profeta Maometto era davvero analfabeta?

Nascita di Maometto, Museo Topkapi
Quando ci avviciniamo alla figura e alla vita del profeta Maometto, non possiamo fare a meno di notarne una caratteristica in particolare, evidenziata tanto dai fedeli musulmani quanto da biografie e studiosi non solo di religione islamica: il presunto analfabetismo. Davvero Maometto non era in grado di leggere e scrivere? 

mercoledì 13 maggio 2020

La Notte del Destino

Miniatura raffigurante la rivelazione
Uno dei momenti più significativi e importanti del calendario musulmano è la Notte del Destino (in arabo لَيْلَةُ الْقَدْرِ, Laylat al-Qadr). Secondo la tradizione religiosa sunnita proprio in questa notte il profeta Maometto ha ricevuto la rivelazione del Corano dall’Arcangelo Gabriele. Vediamo cosa ci dice in merito il Libro Sacro musulmano alla Sūra 97, che si compone di soli 5 versetti:

mercoledì 12 giugno 2019

Il Salvator Mundi è sul panfilo di un principe saudita?

Salvator Mundi. Fonte: Wikipedia
Non si hanno più notizie del dipinto Salvator Mundi, attribuito a Leonardo Da vinci, dal 2017, quando venne venduto all’asta per 450 milioni di dollari. Nuove indiscrezioni rivelano che sarebbe custodito sullo yacht del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman

lunedì 6 febbraio 2017

La regina di Saba tra Storia e leggenda

Chi era la regina di Saba? Cosa sappiamo davvero di lei? Spesso non è facile dipanare i fili della Storia da quelli della leggenda, intrecciati dal tempo fino a formare un intricato arabesco. Le fonti, persino la memoria che si perde tra i solchi dei secoli, possono rappresentare un ostacolo nella ricerca.
G. Demin, "La regina di Saba in visita a Salomone", XIX sec.

Vale sempre la pena, però, continuare a indagare senza mai stancarsi, pensare, dar vita a idee e teorie da dimostrare con la pazienza e lo studio. Questo è l’unico modo per favorire il progresso intellettuale (e non solo quello).

Sulla regina di Saba (Sheba) non abbiamo molte notizie e le fonti di cui disponiamo sono tre: La Bibbia, il Corano e l’opera del XIV secolo Kebra Nagast (Gloria dei Re). Stando ai racconti in essi contenuti, la sovrana del regno di Saba, affascinata dalla fama di re Salomone, decise di fargli visita a Gerusalemme, portando con sé ricchi doni.

A quanto pare la regina non era solo bellissima, ma anche molto colta e saggia. Queste doti ammaliarono Salomone in brevissimo tempo, al punto da farlo innamorare, ricambiato, di questa sovrana venuta da lontano. Secondo le fonti etiopi i due ebbero persino un figlio, Menelik, futuro capostipite della dinastia regale abissina.

Per quale motivo la regina si recò a Gerusalemme? Solo per ammirazione verso Salomone? Qual era la collocazione geografica e temporale del regno di Saba? Esistevano dei legami economici e diplomatici tra Israele e questo leggendario regno? Come si chiamava e qual è la vera storia della regina di Saba?

Per gli etiopi il suo nome era Makeda, mentre per i musulmani Bilqis (ma non se ne trova menzione nel Corano). Il suo paese, secondo le ricerche degli studiosi, era situato nella parte meridione della penisola araba, più precisamente in Yemen. Non tutti, però, sono d’accordo con questa teoria; non manca chi identifica il regno di Saba con la stessa Etiopia o, come vedremo, addirittura con l’Egitto.

L’ipotesi più accreditata, comunque, ci parla di un paese molto ricco, la cui estensione comprendeva più o meno gli attuali confini dello Yemen e dell’Etiopia (benché non manchino suggestioni che descrivono la regina di Saba a capo di un popolo nomade e povero). In queste zone risiedevano stabilmente popolazioni sudarabiche immigrate a metà del I millennio a.C. proprio dalla penisola arabica.

Fu questa migrazione a gettare le basi del futuro regno di Axum, che raggiunse l’apogeo tra il III e IV secolo d.C.). Prima dell’arrivo dell’Ebraismo, del Cristianesimo e dell’Islam, queste genti veneravano gli dei mesopotamici Shamesh (il Sole), Sin (la Luna) e Ishtar (la dea della bellezza e dell’amore).

Purtroppo, oggi, ricostruire un’esatta cronologia del regno di Saba e stabilire con certezza se la regina sia esistita e quando è impossibile. Troppe leggende si sono sovrapposte le une alle altre, troppe ipotesi, alcune totalmente prive di qualunque fondamento scientifico, si sono avvicendate nel tempo, offuscando le già scarse possibilità di una incontrovertibile ricostruzione storica. Non ci resta che analizzare più da vicino le tre fonti principali.


La regina di Saba nella Bibbia, nel Corano e nel Kebra Nagast

Il “Kebra Nagast”, il cui significato è “Gloria dei Re”, venne redatto, nella sua versione definitiva (si tratta di una raccolta di racconti riadattati), nel XII secolo. Il libro affonda le radici tanto nella Bibbia quanto nel Corano e uno dei temi principali è proprio l’incontro tra Salomone e Makeda. Viene messo in evidenza il loro dialogo, dopo il quale la regina decide di dedicare le sue preghiere al Dio di Israele e non più al Sole.


Adorazione del Sacro Legno e incontro tra Salomone e la Regina di Saba, Piero della Francesca, 1452-1458


Inoltre viene approfondito il legame amoroso tra i due, da cui nascerà Bayna-Lehkem, ovvero Menelik. La vicenda prosegue proprio con quest’ultimo, il quale decide di recarsi in Israele per conoscere il padre; da qui in poi la storia di Menelik, di Israele e dell’Etiopia si intrecciano alle sorti della leggendaria Arca dell’Alleanza.

Attraverso questi pochi dati, però, non riusciamo a capire per quale ragione la sovrana di Saba si sia recata a Gerusalemme. Lo storico Giuseppe Flavio (37-35/100), che nell’opera “Antichità Giudaiche” racconta proprio la storia del popolo ebraico, ci dà una versione dei fatti molto interessante:

“C’era una donna, regina d’Egitto e d’Etiopia…quando…venne a sapere della virtù e della saggezza di re Salomone, venne assalita da un fortissimo desiderio di conoscerlo”
(VII, pag. 165 ed. Utet, 1998).

Dunque questo incontro sarebbe stato il frutto della curiosità? Non tutti gli studiosi concordano. In effetti l’immagine di Makeda che ci è stata tramandata è quella di una donna innamorata del sapere e non sarebbe strano se avesse trovato in Salomone la sua “controparte intellettuale”.

Il Kebra Nagast, che narra molto bene l’incontro tra i monarchi, ci fa intravedere l’amore della regina per la conoscenza:

Ella venne sin dai confini della terra, solo per ascoltare la saggezza di Salomone
(Kebra Nagast, 21).

“…Da essere una sciocca sono divenuta saggia solo seguendo la tua sapienza…Salomone…si tolse l’anello e lo diede alla regina, dicendole: «Prendi (questo) così non ti dimenticherai di me. E se il mio seme fiorirà in te, questo anello sarà un segno per lui; se sarà un ragazzo dovrà venire da me»…”
(Kebra Nagast, 29).

Torniamo un attimo al passo citato di Giuseppe Flavio: lo storico, infatti, ci dice che la sovrana non fu solo regina d’Etiopia, ma anche d’Egitto. Esiste davvero un legame tra la terra dei Faraoni e la regina di Saba? Possiamo considerare esatta l’informazione che ci dà Giuseppe Flavio?

Lo scrittore Ralph Ellis, autore del saggio “I sovrani scomparsi dell’Antico Egitto” (Newton Compton, 2004), cerca di sciogliere l’enigma sull’identità di questa sovrana: secondo la versione ufficiale una principessa egiziana, proveniente da un regno potentissimo, non si sarebbe mai sottomessa di fronte a un re d’Israele, abbracciando la sua religione e portandogli addirittura dei doni.

Eppure, ci ricorda Ellis, i due regni erano legati da una lunga storia di alleanze e scambi; dunque, la questo punto, la possibilità che una regina visitasse un paese “amico” non risulta poi così strana.

L’autore puntualizza, infine, che, in base a quanto ci riportano le fonti (da Giuseppe Flavio alla storia di Giacobbe narrata nella Genesi, fino al Corano), non sarebbe assurdo pensare che Saba potesse essere addirittura un regno hyksos indipendente, situato esattamente nel Basso Egitto. Ancora una volta, però, nessuna certezza. Soffermiamoci, ora, sull’incontro vero e proprio tra Makeda e Salomone, narrato nella Bibbia.

“La regina di Saba, sentita la fama di Salomone, venne per metterlo alla prova con enigmi. Venne in Gerusalemme con ricchezze molto grandi, con cammelli carichi di aromi e di grande quantità di oro e di pietre preziose. Si presentò a Salomone e gli disse quanto aveva pensato. Salomone rispose a tutte le sue domande; nessuna ve ne fu che non avesse risposta, o che restasse insolubile per Salomone. La regina di Saba, quando ebbe ammirato tutta la saggezza di Salomone, il palazzo che egli aveva costruito, i cibi della sua tavola, gli alloggi dei suoi servitori, l’attività dei suoi ministri e le loro divise, i suoi coppieri e gli olocausti che egli offriva nel tempio del Signore, ne rimase senza fiato. Allora disse al re: «Era vero, dunque, quanto avevo sentito nel mio paese sul tuo conto e sulla tua saggezza. Io non avevo voluto credere a quanto si diceva finché non sono giunta qui e i miei occhi non hanno visto; ebbene non me ne era stata riferita neppure una metà! ... Nel suo amore eterno per Israele il Signore ti ha stabilito re perché tu eserciti il diritto e la giustizia» …Il re Salomone diede alla regina di Saba quanto essa desiderava…Quindi essa tornò nel suo paese con i suoi servi.”
(Primo Libro dei Re, 10: 1-13).


Dalla Bibbia emerge, come abbiamo visto, un ritratto interessante di Makeda, presentata come una donna intelligente, scaltra, senza dubbio in grado di mettere alla prova un re altrettanto astuto e determinato.

Salomone sa ben destreggiarsi nei labirinti degli enigmi proposti dalla regina; i due sovrani si osservano, si studiano, ma non si temono. In un certo senso sembrano già due “anime gemelle”, per usare dei termini molto moderni e il sentimento che li unisce è, prima di tutto, una vera e propria attrazione intellettuale.

Ritroviamo il racconto dell’arrivo della regina di Saba alla corte di Salomone anche nel Secondo Libro delle Cronache (9: 1-12); in questo caso, però, la narrazione non si distanzia da quella già citata del Primo Libro dei Re. C’è, poi, anche un’altra fonte che narra il celebre incontro tra queste due personalità straordinarie, ovvero i Vangeli di Matteo (12, 42) e Luca (11,31).

In questi passi Gesù rammenta la punizione divina che colpirà, nel Giorno del Giudizio, quanti non hanno creduto al suo messaggio.

“La regina del Sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall’estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c’è più di Salomone!”
(Matteo 12, 42).

Nel Corano la terra di Saba è ricordata per le sue ricchezze e per il culto che il popolo tributava al Sole (forse Ra?):

“Ti porto notizie certe sui Saba: ho scoperto che una donna è loro regina, che è provvista di ogni bene e che possiede un trono magnifico. L’ho scorta prosternarsi…davanti al Sole.” (Corano, sura XXVII, 22-24).

Molti studiosi sostengono che la venerazione del Sole potrebbe essere collegata non alla religione dell’Antico Egitto, bensì a quella mesopotamica. Purtroppo dobbiamo limitarci alle congetture, in attesa di possibili sviluppi nelle ricerche.

Per quanto riguarda, invece, il motivo della visita di Bilqis/Makeda in Israele sono state fatte diverse ipotesi: l’alleanza dei due popoli sancita dal matrimonio tra i sovrani (la nascita di Menelik ne sarebbe stata il suggello), la sete di conoscenza della stessa regina e l’ammirazione verso Salomone che l’avrebbe spinta a intraprendere un lungo viaggio pur di confrontarsi con lui sul piano intellettuale.

In questo mare di incertezze e di suggestive ipotesi rimane, intatto, il fascino immortale di un personaggio femminile ancora misterioso, in cui si fondono alla perfezione bellezza, carisma e sapienza.

Bilqis o Makeda poco importa: la regina di Saba è, prima di tutto, un ideale di saggezza e di audacia capace di ammaliare ancora oggi scrittori e registi. Una donna che viaggia per conoscere, che non accetta di restare ferma, di accontentarsi, di sottomettersi a dei limiti che altri le hanno imposto. Da questo punto di vista, dunque, il viaggio non è solo fisico, ma anche “iniziatico”; morale, intellettuale, come abbiamo detto più volte, perfino emotivo.

Se un giorno avremo accesso a prove storiche inconfutabili sull’esistenza della regina di Saba, potremo dare, finalmente, consistenza e “spessore umano” al sogno della vera conoscenza che non ha confini.


Bibliografia

Articolo “Terra divina” di Marco di Branco, Archeo n.380, ottobre 2016, pag.84-104;

Ralph Ellis, “I sovrani scomparsi dell’Antico Egitto”, Newton Compton, 2004;

Giuseppe Flavio, “Antichità giudaiche”, VII, pag. 165 ed. Utet, 1998;

Marek Halter, “La regina di Saba”, Spirali, 2009;

La Sacra Bibbia, Libreria Editrice Vaticana, 1992;

Il Corano, a cura di Alessandro Bausani, Rizzoli, 1988;

Il Corano, a cura di Gabriele Mandel, Utet, 2006.

lunedì 13 giugno 2016

Il Ramadan tra Storia e religione

Immagine tratta da: http://www.oceanofwallpapers.com/

“O voi che credete, vi è prescritto il digiuno come era stato prescritto a coloro che vi hanno preceduto…Chi però è malato o è in viaggio, digiuni in seguito altrettanti giorni. Ma per coloro che a stento potrebbero sopportarlo c’è un’espiazione: il nutrimento di un povero…E’ nel mese di Ramadan che abbiamo fatto scendere il Corano, guida per gli uomini e prova di retta direzione e distinzione…”
(Corano, sūra II, al-Baqara, La Giovenca, 183-185)

Perché i musulmani celebrano il mese di Ramaḍān (رمضان)? Qual è  l’origine della tradizione del digiuno e quali precetti religiosi è necessario osservare? Quali sono le radici storiche di questo momento tanto importante per la comunità islamica?

Il Ramaḍān , che quest’anno cade tra il 7 giugno e il 5 luglio, è un periodo di purificazione e riflessione per i musulmani. Contrariamente a quanto sostengono alcuni, non si tratta di un mese in cui tutte le notti sono dedicate a festeggiamenti esagerati. Il Ramaḍān rappresenta, infatti, una sorta di “pausa” della mente, durante la quale dedicarsi non solo alla preghiera, ma anche all’attenta lettura del Corano e alla meditazione sul testo. I musulmani ricordano, in questi giorni, la Rivelazione del Libro Sacro al profeta Maometto, attraverso l’arcangelo Gabriele. Proprio per onorare tale Messaggio i credenti seguono il precetto del digiuno, che è anche uno dei Pilastri dell’Islam.


Immagine tratta da Wikipedia
Lo studioso Di Nola, nel saggio “L’Islam. Storia e segreti di una civiltà” (Newton Compton, 1998), spiega che tale uso è stato, con tutta probabilità, mutuato dal Cristianesimo e dall’Ebraismo. In un primo momento Maometto adottò “l’ʿĀshūrāʾ” (اشوراء), ovvero il giorno del digiuno, rifacendosi alla tradizione ebraica collegata allo Yom Kippur (“giorno dell’espiazione”); anche durante quest’ultima celebrazione, infatti, alcune azioni come mangiare, bere o avere rapporti sessuali sono rigorosamente vietate. Le relazioni diplomatiche tra il Profeta e il popolo ebraico, però, vacillarono per questioni politiche e religiose, dunque l’Āshūrāʾ assunse carattere facoltativo e il mese di Ramaḍān divenne, a tutti gli effetti, il periodo dell’astinenza obbligatoria.

A tal proposito si può aggiungere che la radice della parola Ramaḍān, ovvero “rmḍ” vuol dire “calore”: questo periodo, quando gli Arabi usavano ancora il mese intercalare per far coincidere l’anno solare e quello lunare (sistema abolito dallo stesso Maometto), cadeva nel bel mezzo dell’estate (ora la sua posizione, come si sa, è “mobile”, dal momento che i musulmani usano calcolare il tempo in base all’anno lunare, partendo dall’Egira, avvenuta nel 622 d.C.).

I malati, i viaggiatori, le donne incinte, le puerpere, le donne durante il ciclo mestruale e i bambini sono alcune delle categorie di persone che possono evitare il digiuno. Nei casi più gravi o, in generale, di evidente impossibilità, la dispensa è totale e può essere sostituita dall’elemosina; altrimenti è necessario recuperare i giorni in cui non è stato possibile osservare la tradizione religiosa. Per esempio un viaggiatore si trova in una condizione per cui il digiuno, una volta terminato il viaggio e se non vi sono altri seri impedimenti, può essere ripreso, recuperando il tempo “perduto”.

L’astinenza, quindi, fa parte di un più ampio percorso spirituale di espiazione ed è regolata in maniera molto dettagliata dal fiqh (الفقه‎ il diritto), in base al quale, tra l’altro, anche il fumo, i rapporti sessuali e l’alcol sono annoverati tra le cause di interruzione del digiuno. Questo percorso, ovviamente, riguarda sia il corpo che l'anima: durante il Ramaḍān è doveroso astenersi dai litigi, dalle bugie e dai pettegolezzi. Il fedele, insomma, deve cercare di mantenersi in uno stato di purità assoluta. Ogni giorno, prima dell’alba, questi dovrebbe formulare la “nīyya” (نية), cioè “l’intenzione” del digiuno.

Nella pratica, però, è ormai consuetudine fare tale dichiarazione solo una volta, al tramonto della notte che precede l’inizio del Ramaḍān. Di solito, poi, i musulmani preferiscono fare un pasto frugale prima che il sole si affacci all’orizzonte (sāḥūr) e solo dopo il tramonto interrompere il digiuno con un pasto più sostanzioso (faṭūr).

Il primo giorno del mese di Šawwāl (شوّال) si chiude ufficialmente il tempo della purificazione. Il Ramaḍān è appena passato (Ramaḍān e Šawwāl sono, rispettivamente, il nono e il decimo mese del calendario islamico) e il digiuno viene interrotto con la festa dell’ʻĪd al-Fiṭr (عيد الفطر‎‎), caratterizzata da sontuosi banchetti, dallo scambio di doni (destinati soprattutto ai bambini) e da un periodo di riposo da passare in famiglia.


La Notte del Destino

Si è già accennato alla celebrazione della Rivelazione durante il mese di Ramaḍān nell’anno 610. Il Corano narra questo evento fondamentale per l’Islam nella sūra al-Qadr,Il Destino”: “…Invero lo [in riferimento al Corano] abbiamo fatto scendere nella Notte del Destino…la Notte del Destino è migliore di mille mesi. In essa discendono gli Angeli e lo Spirito [in riferimento all’arcangelo Gabriele], con il permesso del loro Signore…E’ pace, fino al levarsi dell’alba” (al-Qadr, 96, 1-8).

Per tradizione la Notte del Destino (“Laylat al-Qadr” لیلة القدر‎‎) viene ricordata nella notte tra il 26 e il 27 di Ramaḍān. I fedeli musulmani si riuniscono nelle moschee o rimangono in casa a pregare, a leggere il Corano e a chiedere perdono per i peccati fino all’alba.

Il Libro Sacro racconta anche la “discesa” del Messaggio di Allah su Maometto: “Leggi! In nome del tuo Signore che ha creato…l’uomo da un’aderenza. Leggi! Che il tuo Signore è il generosissimo, Colui che ha insegnato mediante il calamo…all’uomo quello che non sapeva” (sūra “al-‘Alaq”, “L’Aderenza”, 96, 1-5).


Il Pellegrinaggio

Immagine tratta da: http://ramadanwallpapers.com/
Come ogni anno si prevede un’alta affluenza di pellegrini verso La Mecca per l’ḥaǧǧ (حَجّ), il pellegrinaggio. Proprio in vista di questo evento l’Arabia Saudita ha rafforzato i controlli e i sistemi di sicurezza.

L’Iran, stando alle notizie più attuali, ha sospeso il pellegrinaggio per tutto il 2016 adducendo come spiegazione la mancata sicurezza dei viaggiatori, soprattutto dopo gli incidenti avvenuti nella città sacra lo scorso anno; nella calca persero la vita 717 persone, tra cui circa 500 iraniani e ne rimasero ferite più di 800.

La questione ha dato origine a una vera e propria crisi diplomatica, a cui non sono estranei anche interessi economici, tra Iran e Arabia Saudita. A ciò si somma il valore religioso del pellegrinaggio, uno dei cinque Pilastri dell’Islam, su cui si sono basati i tentativi di mediazione.


Conclusione

Il mese di Ramaḍān rappresenta un momento di “connessione” tra l’uomo e la divinità. La consapevolezza di questo legame è presente in tutte le religioni, benché sia espressa in modi e tempi diversi.

Tale “connessione”, per chi crede, non si interrompe mai, ma rischia di rimanere nascosta tra gli impegni e la frenesia della vita quotidiana. I periodi di purificazione, preghiera e studio servono proprio a ritrovare “il filo” che collega la parte umana a quella divina, sono un’interruzione della quotidianità che spinge gli uomini alla ricerca interiore che li aiuterà ad affrontare l’esistenza seguendo la coscienza.


Bibliografia e sitografia

La Repubblica sugli incidenti a La Mecca:
Donner Fred, “Maometto e le origini dell’Islam”, Einaudi, Torino, 2011;
Mandel Gabriele, “Islam”, Electa, Milano, 2006;
a cura di Bausani Alessandro, “Il Corano”, Rizzoli, Milano, 2006;
Piccardo Hamza Roberto, “Il Corano”, Newton Compton, Roma, 2006;
Di Nola Alfonso, “L’Islam. Storia e segreti di una civiltà”, Newton Compton, Roma, 1998; Bausani Alessandro, “L’Islam”, Garzanti, Milano, 1999.

sabato 14 settembre 2013

Vita nell’harem

“E se temete di essere ingiusti nei confronti degli orfani, sposate allora due o tre o quattro tra le donne che vi piacciono; ma se temete di essere ingiusti, allora sia una sola o le ancelle che le vostre destre possiedono, ciò è più atto ad evitare di essere ingiusti”. 
(Corano 4:3)

"Une piscine dans le harem" di J.L. Gerome (1876)
Harem è una parola che evoca una dimensione quasi da favola nell’immaginario collettivo occidentale. Un suono che sa di esotico, associato a dipinti famosi di donne seminude o che danzano, a film che ne hanno accentuato l’aspetto sensuale, a romanzi che hanno tratteggiato figure femminili astute, talvolta spietate o, al contrario, vittime di quella che, in molti casi, è divenuta una vera e propria gabbia dorata

Quando si parla di harem non si può fare a meno di trattare anche la questione della poligamia nel mondo islamico, che verrà analizzata in articoli successivi di cui questo rappresenta l’introduzione. Il significato della parola è noto; l’harem, (radice Ḥ-R-M, che indica il concetto di proibito in arabo) è un luogo inviolabile, destinato alle donne della famiglia. 

Ciò vuol dire che in questo spazio riservato non vivono solo le mogli del signore, (sultano, principe, vizir, o facoltoso mercante che sia), ma anche le sue figlie, le sue sorelle, la madre e così via. L’accesso a questo mondo femminile e chiuso è vietato a tutti gli uomini che non siano il padrone di casa, gli eunuchi e gli anziani ritenuti non più in grado di avere relazioni sessuali. 

Nella Storia molti sovrani musulmani hanno avuto harem grandissimi, costituiti dalle mogli e
"La cartomancienne au harem" M.A Chataud
anche da decine di concubine. A tal proposito l’Islam prevede che un uomo possa prendere fino a quattro mogli, non di più, dunque bisogna fare attenzione a non confondere lo status di consorte con quello di concubina. Moulay Ismail, per esempio, aveva oltre cinquecento concubine e più di settecento figli. 

Accadeva persino che un sovrano “ereditasse” l’harem del suo predecessore e il suo prestigio era direttamente proporzionale al numero di donne che possedeva. Un simbolo di status sociale, quindi. A proposito di poligamia, poi, una piccola precisazione: il Corano sottolinea il fatto che tutte le mogli debbano essere trattate in maniera equa non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello sentimentale. 

Su quest’ultimo punto il lettore potrà facilmente portare prove che ribaltino del tutto quasi la teoria, ma non dobbiamo dimenticare che esiste, in questo come in molti altri casi, un divario tra la religione e la legge da una parte e la consuetudine, come anche il carattere degli uomini, dall’altra.

"Le harem du palais" di Boulanger
Non sempre, cioè, la pratica rispetta la teoria e, purtroppo, si verificano anche contraddizioni, problemi gravi, o azioni ingiustificabili a cui bisogna trovare una soluzione il prima possibile. Si tornerà su questo argomento parlando dell’harem in epoca moderna, ma per ora l’importante è non sovrapporre la figura della moglie con quella della concubina, errore commesso da molti.

Fin qui i particolari più noti riguardo all’harem e alcune precisazioni sulla terminologia che rischiava di generare confusione. 

Ma … qual è l’origine dell’harem

Può sembrare strano ma alcuni tendono a dimenticare che la poliginia non esiste solo nel mondo islamico. Già i faraoni d’Egitto possedevano harem immensi e come dimenticare gli imperatori cinesi, i re africani o aztechi e le potenti dinastie indiane? La possibilità di avere più mogli e concubine non è nata con l’Islam, ma esisteva già prima. 

"Roxelane und der Sultan" di Hickel, 1780
Questa nuova religione l’ha “interiorizzata”, islamizzata conferendole “una nuova veste”, reinterpretandola ove necessario, ma non l’ha creata. Il profeta Muhammad, per esempio, sposò anche delle vedove che, senza il sostegno di un uomo, considerato fondamentale nel mondo islamico, sarebbero state relegate ai margini della società, lasciate senza protezione e, dunque, esposte a pericoli. 

Un tema molto vasto quello dell’harem, impossibile da affrontare in un solo articolo e su cui si continua a scrivere ancora oggi, tanto è potente il fascino che esercita sulla curiosità occidentale. Non esiste un solo tipo di harem nella storia del mondo e neppure in quella dell’Islam. 

Si tratta di un percorso storico, religioso e sociale che vanta numerose ramificazioni, protagonisti e protagoniste che talvolta sembrano uscite fuori dalla penna di uno scrittore, intrighi politici, sofferenza, lusso, sensualità, amore e morte. 

L’harem è un piccolo mondo con regole e codici ben definiti che rispecchia quello, più vasto, in cui la maggior parte degli esseri umani vive quotidianamente. 

Come erano fatti gli harem? Quali sono le differenze tra quelli appartenenti ai signori musulmani e quelli di altri popoli? Come venivano scelte le donne che vi potevano accedere e quale influenza avevano? Chi erano gli eunuchi e le concubine? Quale impatto culturale, artistico e sociale ha avuto l’harem e la figura dell’odalisca nell’immaginario occidentale e perché? Come si è evoluto nell’epoca moderna e cosa c’entra la danza del ventre

Nei prossimi post …

sabato 24 novembre 2012

Khadija: una imprenditrice ante litteram

Khadija al-Khubra, di Guillaume Rouillé (1553)
La prima moglie del Profeta Muhammad, donna forte, intelligente ed “imprenditrice di se stessa”: Khadija bint Khuwaylid (556-619) fu una dei primi seguaci dell’Islam. La sua famiglia apparteneva alla tribù dei Banu Quraysh, la stessa di Muhammad, ma al clan dei Banu ‘Adi (il profeta, invece, a quello dei Banu Hashim). 

Figlia di un ricco mercante de La Mecca, Khuwaylid ibn Asad (morto nel 585 circa) e di Fatima bint Zaidah (morta nel 575 circa), mandò avanti da sola, con sicurezza e coraggio, l’attività paterna, dopo essere rimasta vedova per due volte. Khadijia dimostrò di essere tutt’altro che una donna sottomessa e fragile, accrescendo le sue ricchezze e la sua fama. 

La sua intelligenza insieme alla grande e celebre bellezza ne fecero una donna eccezionale e molto desiderata. Presto le giunse all’orecchio l’eco delle capacità e dell’onesta del giovane Muhammad, cosi lo prese con sé in qualità di fiduciario, consentendogli di gestire i commerci della sua carovana verso Yemen e Siria. Infatti Khadija non viaggiava mai, ma si serviva di amministratori fidati che incaricava personalmente.

I due si innamorarono e Muhammad chiese la mano della ricca vedova attraverso intermediari, come era costume all’epoca. Il loro fu un matrimonio d’amore e finché Khadija visse, Muhammad non prese altre mogli. 

La sposa aveva 15 anni più di suo marito ed al momento del matrimonio era una splendida quarantenne. Dopo le nozze decise di ritirarsi dall’attività commerciale, che affidò completamente al giovane Muhammad e si occupò dei loro figli, quattro femmine (Ruqayya, Zaynab, Umm Khulthum e la celebre Fatima, sposa di Ali) e due maschi morti ancora bambini (Al-Qasim ed Abdallah) . A tal proposito, però, le fonti sono discordanti: alcune parlano di sei, altre addirittura di otto figli. 

Fu la prima a cui Muhammad disse di aver ricevuto la Rivelazione da Dio tramite l’Arcangelo Gabriele. Con lui condivise coraggiosamente il boicottaggio, le calunnie e le minacce dei politeisti, che non vedevano di buon occhio un culto monoteista che avrebbe potuto spazzare via gli dei de La Mecca e dunque anche i guadagni derivanti dai numerosi pellegrinaggi. 

Khadija morì nel 619, lo stesso anno della dipartita dello zio del Profeta, Abu Talib ibn ‘Abd Al-Muttalib, che lo aveva cresciuto ed era diventato suo tutore alla morte della madre, Amina bint Wahb e del nonno ‘Abd Al-Muttalib, (Muhammad, infatti, era già nato orfano di padre).

La morte di Khadija, avvenuta dopo venticinque anni di matrimonio, scavò un solco doloroso e profondo nell’animo di Muhammad ed il suo ricordo rimase sempre vivo in lui. La donna, in vita, si guadagnò la fama di donna dolce, onesta e virtuosa. Numerosi furono gli appellativi che le vennero attribuiti, come “Khadija la Grande” o “Khadija la Pura”.

Khadija fu davvero speciale: abbracciò il neonato Islam senza pensarci due volte, sopportò con pazienza e tenacia tutte le dure prove che ne derivarono, tentò in tutti i modi di proteggere il marito e tra loro regnò sempre armonia e rispetto reciproco. Il loro amore si consolidò con il tempo e nemmeno la morte riuscì a spezzarlo

A quanto pare perfino la consorte prediletta di Muhammad, A’isha, era gelosa del ricordo e della venerazione che il Profeta nutriva per la sua prima moglie. Bisogna dire che Muhammad si circondò di donne dal carattere molto forte. La stessa A’isha fu intrepida, scaltra, impavida ed appassionata. 

A tal proposito vorrei segnalarvi un articolo che ho scritto su di lei. Khadija ed A’isha furono molto diverse tra loro, ma ad accomunarle non fu solo l’amore per Muhammad, bensì l’audacia, l’energia, la voglia di vivere la vita completamente. 

Il tempo le rende distanti anni luce, ma siamo certi che siano cosi lontane da noi? Khadija non è forse una sorta di “businesswoman ante litteram”? Ed A’isha non vi ricorda una grande regina, o un politico ed abile stratega? Da loro possiamo imparare molto. Due figure attualissime che l’Uomo non può e non deve dimenticare.

martedì 13 novembre 2012

Moulay Ismail: il Re Sole d’Oriente

Moulay Ismail, sultano del Marocco dal 1672 al 1727, fu un sovrano dal carattere deciso, audace in battaglia tanto da passare alla Storia come “re guerriero”

Successore del fratellastro Al Rasheed, fondatore della dinastia Alawita, Moulay Ismail ereditò il titolo di Principe dei Credenti in quanto discendente del Profeta Maometto. 

Il sultano raccolse la gravosa eredità di un Paese sull’orlo del collasso, a causa di lotte tribali e intrighi per la successione. 

Per ottenere rispetto e potere non esitò ad usare il pugno di ferro. Non a caso la Storia lo ricorda anche con un altro eloquente soprannome: sanguinario

Si racconta che le mura della capitale, Meknès, vennero adornate con i macabri trofei di 10.000 teste di nemici, monito per chiunque osasse sfidare la sua autorità. La crudeltà di Moulay Ismail si perde tra verità e leggenda, tramandandoci il ritratto di un uomo capace di far torturare o assassinare con estrema facilità chi gli disobbediva, si trattasse di servi, avversari o concubine. 

Sotto il suo regno la capitale si spostò da Fez a Meknès ed il sovrano si adoperò fino agli ultimi anni della sua vita per farla diventare una città splendente e magnifica, senza eguali. L’obiettivo fu raggiunto, visto che Meknès venne soprannominata “La Versailles del Marocco”. 

A tal proposito occorre ricordare i rapporti tra il sovrano marocchino ed il Re Sole, suo contemporaneo. Sembra che Moulay Ismail provasse una profonda ammirazione per il re francese, al punto da voler emulare la grandiosità della reggia di Versailles, ma anche del potere assoluto di Luigi XIV. 

Arrivò perfino a chiedere in sposa una delle figlie di quest’ultimo, la principessa Marie Anne De Bourbon. Ella rifiutò nonostante le insistenze del suo regale ammiratore. A questo episodio è legata una leggenda molto simpatica: la principessa, al fine di rendere evidente ed indubbio il suo rifiuto alle nozze, fece recapitare al sultano un orologio a pendolo il cui movimento oscillatorio ricordava quello del dito nell’atto di negare. Moulay Ismail, per tutta risposta, fece arrivare in Francia una colonna di marmo, emblema della testardaggine di Marie Anne.

La reggia di Versailles ed il palazzo imperiale di Meknès vennero costruiti quasi contemporaneamente e rimangono, a tutt’oggi, simboli e memoria di due grandi personalità in grado di accentrare saldamente il potere nelle loro mani. 

La cooperazione tra Luigi XIV e Moulay Ismail si estese a diversi campi: nel 1682 il sovrano marocchino inviò un suo ambasciatore a Parigi, Mohamed Temim, allo scopo di studiare e riportare in patria resoconti dettagliati sulle arti e le scienze occidentali. Inoltre, nello stesso anno, Francia e Marocco stipularono un trattato d’amicizia. 

Entrambi i regnanti vedevano nella Spagna e nell’Impero Ottomano delle minacce da tenere il più possibile sotto controllo. Moulay Ismail combatté contro gli Ottomani più di una volta: nel 1679, nel 1682 e nel 1695. 

Durante il suo regno la presenza di schiavi cristiani, catturati dai pirati, fu piuttosto rilevante: proprio questi rappresentarono il tramite tra l’Islam e l’Occidente e vennero utilizzati anche nella costruzione della capitale. 

Si presume che Moulay Ismail abbia generato, nel corso della sua vita, ben 888 figli da circa 500 concubine, un vero e proprio record finora, a quanto se ne sa, imbattuto. Le descrizioni pervenute fino a noi tratteggiano una figura vigorosa, dall’incarnato scuro e dal volto allungato (Germain Mouette, prigioniero francese). 

Dopo la sua morte, nel 1727, i suoi successori continuarono la sua politica e la costruzione di importanti monumenti e nel 1757 Mohammed III spostò la capitale a Marrakesh

Moulay Ismail ha stuzzicato la fantasia di diversi autori: viene menzionato nel “Candide” di Voltaire (capitolo 11), è il protagonista dell’opera “The Sultan’s Wife” di Jane Johnson (2012) ed è uno dei personaggi della saga di "Angelica la Marchesa degli Angeli" di Anne Golon (la sua storia si trova nel volume “Angelica Schiava d’Oriente”, dove viene messa in risalto la sua crudeltà, ma anche il suo amore per l’arte e la scienza). Ora è il protagonista maschile della saga Meknès

Luigi XIV disse: “Lo Stato sono io”. Moulay Ismail, accentuando il carattere divino della sua monarchia sostenne: “Se Allah mi ha donato il regno, nessuno può togliermelo”.

mercoledì 17 ottobre 2012

Meknès parte quarta “L’Amore della Regina”

L’ultima parte di Meknès riserva dei colpi di scena: un potente capo berbero muove guerra contro il sovrano del Marocco, proprio nel momento in cui Leila dà alla luce una figlia. 

Il nemico è ormai alle porte della città e, nonostante l’imponente difesa, riesce a rapire alcune donne dell’harem, tra cui la favorita. 

La protagonista si ritrova, cosi, prigioniera di un uomo misterioso e brutale. La scoperta della vera identità del capo berbero mette Leila di fronte ad un bivio da cui dipenderà la sua intera esistenza. 

Rimanere confinata nel deserto, adattandosi ad una nuova vita, mentre a Meknès tutti la credono morta, oppure tentare una fuga che sembra impossibile? Solo il cuore potrà guidare Leila verso la giusta ma rischiosa decisione finale.

 “L’Amore della regina” sarà disponibile, per Lite Editions in versione ebook, dal 14 novembre 2012.

giovedì 11 ottobre 2012

Meknès: “L’Eunuco e la Favorita”

Nella terza parte della saga Meknès, “L’Eunuco e la Favorita”, proseguono le avventure della bella Leila. 

La giovane, sempre più innamorata di Abdallah, non esita a tradire il sultano. Il vero amore non è più un sogno irraggiungibile per lei.

Il suo gioco, però, è molto pericoloso: Moulay Ismail la tiene in grande considerazione, lodandone la lungimiranza politica, ma il potere conquistato da Leila a corte è costantemente in balìa dell’umore del sovrano

L’amore per Abdallah è un sentimento proibito che può costarle l’onore, la libertà ed anche la vita. Non potendo più sopportare le distanze che li dividono, i due amanti progettano la fuga.

Il sultano, però, non resterà a guardare e non sopporterà la perdita della sua favorita. Un tale disonore deve essere lavato nel sangue e la sua vendetta sarà spietata ed inesorabile.

Il racconto sarà in vendita, in formato ebook, dal 7 novembre 2012.

venerdì 21 settembre 2012

Il conflitto arabo-israeliano: comprendere la Storia



Sulla guerra israelo-palestinese, diventata poi arabo-israeliana, è stato scritto e detto moltissimo. Romanzi, saggi, racconti, documentari, film, poesie… Ancora oggi si discute sulla pace, sulle politiche palestinesi, israeliane e americane in atto, sugli errori fatti e sul modo per rimediare.
La questione di interesse internazionale deve essere vista, data la complessità, da molteplici angolazioni.
In questo post vorrei proporvi alcuni volumi per approfondire un tema che non può finire nel dimenticatoio e rappresenta uno dei tasselli fondamentali della politica estera americana (e non solo). Il conflitto arabo-israeliano è un argomento da non sottovalutare, in quanto legato a filo doppio con gli sviluppi della politica internazionale dal Novecento fino ad oggi.
L’elenco che vi presento non vuole (e non potrebbe) essere esaustivo, ma rappresenta uno spunto da cui iniziare per comprendere meglio una parte di Storia che riguarda anche noi europei.
Il primo libro che vi propongo è “Il Conflitto Israelo-Palestinese. Cent’anni di Guerra” di James L. Gelvin, ed. Einaudi (2007). Questo saggio è completo, scritto in modo scorrevole e ricco di fatti storici sull’esodo degli Ebrei verso la Palestina ed il movimento sionista. Troverete esposte con chiarezza tutte le questioni irrisolte, gli incontri diplomatici e le diverse politiche arabe ed israeliane. Completo di cronologia e glossario. Da leggere assolutamente.
Un altro libro da non perdere per esaustività e chiarezza nell’analisi è “Storia del Conflitto Arabo-Israeliano-Palestinese” di Giovanni Codovini, pubblicato da Mondadori (2004). Un volume che analizza nel dettaglio la vicenda fin dalle origini riportando, in appendice, le carte geopolitiche, la cronologia ed i documenti che hanno segnato le tappe della scottante questione. 
“La Guerra per la Palestina. Riscrivere la storia del 1948” a cura di Avi Shlaim e Eugene L. Rogan è una raccolta di saggi che si concentrano sulle cause della guerra e ruotano attorno ai fatti del 1948. Si affrontano temi che vanno dall’esodo palestinese del ’48 alla nascita di Israele fino al ruolo svolto nel conflitto da Paesi di importanza strategica: Giordania, Siria, Egitto ed Iraq. Ed. Il Ponte, 2004.
Esistono, poi, dei validissimi testi in lingua inglese: “Palestine and the Arab-Israeli Conflict. A History with Documents” di Charles D. Smith, ed.Bedfprd/Saint Martin’s, Boston/New York, 2010.
Questo saggio non può mancare nella vostra libreria. E’ complesso, riporta ogni minimo dettaglio politico e storico e comprende cartine, glossario, una selezione di documenti molto interessanti.
La lettura dell’opera di Smith merita particolare attenzione ed impegno, ma l’analisi dei fatti è insuperabile.
Un’altra coinvolgente raccolta di saggi, in inglese, è “The Israel/Palestine Question. A Reader” a cura di Ilan Pappé, ed Routledge, 2007. In questo volume non si parla solo di avvenimenti storici e politica, ma si prendono in considerazione anche la situazione delle donne in Palestina, la questione etnica, gli studi sul tasso di criminalità tra israeliani e palestinesi, ricollegando questi temi alla Storia e alla politica.
Infine vi consiglio un volume scritto dal famoso avvocato e docente di Legge alla Harvard Law School, Alan Dershowitz. Il suo “The Case for Israel” fa discutere e presenta il conflitto da un punto di vista completamente diverso rispetto ad altri libri. Dershowitz parte da alcune domande e, come se si trovasse in un’aula di tribunale, tenta di trovare una risposta, formulando arringhe con tanto di accusa e prove. E’ in lingua inglese e lo trovate in ed.Wiley, 2003. 

Breve Cronologia del conflitto

1882 - Prima Alyah, migrazione di ebrei verso la Palestina
1897 - Il Primo congresso sionista a Basilea. Theodor Herzl annuncia il diritto degli ebrei ad avere una patria
1916 - Accordi segreti di Sykes-Picot: Francia e Gran Bretagna si spartiscono l’area del Medio Oriente 1917 - Dichiarazione Balfour in cui si cita il "focolare nazionale ebraico"
1936 - Rivolta palestinese
1937 - Primo tentativo di suddivisione della Palestina 
1939 - Libro bianco britannico che limita l’immigrazione ebraica in Palestina
1948 - Proclamazione dello Stato di Israele, proclamato il 14 maggio 1948 dal leader David Ben Gurion. 
1956 - Guerra del Sinai
1967 - La guerra dei 6 giorni
1970 - Trasferimento dell’Olp in Libano. “Settembre Nero” 
1973 - La guerra del Kippur 
1979 - La pace tra Egitto e Israele. Presidenti Sadat e Menachem Begin 
1981 - Israele annette il Golan 
1982 - Parte l'operazione Pace in Galilea
1987 - Prima Intifada 
1991 - Conferenza di pace a Madrid 
1992 - Politica della “pace in cambio di territori” 
1993 - Accordi di Oslo 
1995 - Assassinio di Rabin
1996 - Israele sospende le trattative con la Siria dopo una serie di attentati nel Paese 
1996 - Netanyahu succede a Peres e Arafat vince le prime elezioni in Palestina 
1998 - Accordi di Wye Plantation
2000 - Passeggiata di Ariel Sharon, sulla Spianata delle Moschee: scoppia la seconda Intifada
2004 - Muore Yasser Arafat. Oggi il potere è affidato ad Abu Mazen
2006 - Trionfo di Hamas alle elezioni