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sabato 14 settembre 2013

Vita nell’harem

“E se temete di essere ingiusti nei confronti degli orfani, sposate allora due o tre o quattro tra le donne che vi piacciono; ma se temete di essere ingiusti, allora sia una sola o le ancelle che le vostre destre possiedono, ciò è più atto ad evitare di essere ingiusti”. 
(Corano 4:3)

"Une piscine dans le harem" di J.L. Gerome (1876)
Harem è una parola che evoca una dimensione quasi da favola nell’immaginario collettivo occidentale. Un suono che sa di esotico, associato a dipinti famosi di donne seminude o che danzano, a film che ne hanno accentuato l’aspetto sensuale, a romanzi che hanno tratteggiato figure femminili astute, talvolta spietate o, al contrario, vittime di quella che, in molti casi, è divenuta una vera e propria gabbia dorata

Quando si parla di harem non si può fare a meno di trattare anche la questione della poligamia nel mondo islamico, che verrà analizzata in articoli successivi di cui questo rappresenta l’introduzione. Il significato della parola è noto; l’harem, (radice Ḥ-R-M, che indica il concetto di proibito in arabo) è un luogo inviolabile, destinato alle donne della famiglia. 

Ciò vuol dire che in questo spazio riservato non vivono solo le mogli del signore, (sultano, principe, vizir, o facoltoso mercante che sia), ma anche le sue figlie, le sue sorelle, la madre e così via. L’accesso a questo mondo femminile e chiuso è vietato a tutti gli uomini che non siano il padrone di casa, gli eunuchi e gli anziani ritenuti non più in grado di avere relazioni sessuali. 

Nella Storia molti sovrani musulmani hanno avuto harem grandissimi, costituiti dalle mogli e
"La cartomancienne au harem" M.A Chataud
anche da decine di concubine. A tal proposito l’Islam prevede che un uomo possa prendere fino a quattro mogli, non di più, dunque bisogna fare attenzione a non confondere lo status di consorte con quello di concubina. Moulay Ismail, per esempio, aveva oltre cinquecento concubine e più di settecento figli. 

Accadeva persino che un sovrano “ereditasse” l’harem del suo predecessore e il suo prestigio era direttamente proporzionale al numero di donne che possedeva. Un simbolo di status sociale, quindi. A proposito di poligamia, poi, una piccola precisazione: il Corano sottolinea il fatto che tutte le mogli debbano essere trattate in maniera equa non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello sentimentale. 

Su quest’ultimo punto il lettore potrà facilmente portare prove che ribaltino del tutto quasi la teoria, ma non dobbiamo dimenticare che esiste, in questo come in molti altri casi, un divario tra la religione e la legge da una parte e la consuetudine, come anche il carattere degli uomini, dall’altra.

"Le harem du palais" di Boulanger
Non sempre, cioè, la pratica rispetta la teoria e, purtroppo, si verificano anche contraddizioni, problemi gravi, o azioni ingiustificabili a cui bisogna trovare una soluzione il prima possibile. Si tornerà su questo argomento parlando dell’harem in epoca moderna, ma per ora l’importante è non sovrapporre la figura della moglie con quella della concubina, errore commesso da molti.

Fin qui i particolari più noti riguardo all’harem e alcune precisazioni sulla terminologia che rischiava di generare confusione. 

Ma … qual è l’origine dell’harem

Può sembrare strano ma alcuni tendono a dimenticare che la poliginia non esiste solo nel mondo islamico. Già i faraoni d’Egitto possedevano harem immensi e come dimenticare gli imperatori cinesi, i re africani o aztechi e le potenti dinastie indiane? La possibilità di avere più mogli e concubine non è nata con l’Islam, ma esisteva già prima. 

"Roxelane und der Sultan" di Hickel, 1780
Questa nuova religione l’ha “interiorizzata”, islamizzata conferendole “una nuova veste”, reinterpretandola ove necessario, ma non l’ha creata. Il profeta Muhammad, per esempio, sposò anche delle vedove che, senza il sostegno di un uomo, considerato fondamentale nel mondo islamico, sarebbero state relegate ai margini della società, lasciate senza protezione e, dunque, esposte a pericoli. 

Un tema molto vasto quello dell’harem, impossibile da affrontare in un solo articolo e su cui si continua a scrivere ancora oggi, tanto è potente il fascino che esercita sulla curiosità occidentale. Non esiste un solo tipo di harem nella storia del mondo e neppure in quella dell’Islam. 

Si tratta di un percorso storico, religioso e sociale che vanta numerose ramificazioni, protagonisti e protagoniste che talvolta sembrano uscite fuori dalla penna di uno scrittore, intrighi politici, sofferenza, lusso, sensualità, amore e morte. 

L’harem è un piccolo mondo con regole e codici ben definiti che rispecchia quello, più vasto, in cui la maggior parte degli esseri umani vive quotidianamente. 

Come erano fatti gli harem? Quali sono le differenze tra quelli appartenenti ai signori musulmani e quelli di altri popoli? Come venivano scelte le donne che vi potevano accedere e quale influenza avevano? Chi erano gli eunuchi e le concubine? Quale impatto culturale, artistico e sociale ha avuto l’harem e la figura dell’odalisca nell’immaginario occidentale e perché? Come si è evoluto nell’epoca moderna e cosa c’entra la danza del ventre

Nei prossimi post …

sabato 20 luglio 2013

Malak Hifni Nassef

"E' una parola "seconda moglie" terribile...mortale nemica delle donne. Quanti cuori ha spezzato, quante menti ha sconvolto e famiglie distrutto...quante innocenti ha sacrificato e reso prigioniere...una parola terribile, carica di crudeltà ed egoismo...non dimenticare che mentre tu ti diverti con una nuova moglie, puoi spingerne un'altra alla disperazione fino alle lacrime...e i bimbi ai quali ai insegnato la commiserazione, piangono con lei...tu senti i tamburi e le trombe "nuziali", mentre loro odono solo il pulsare della sofferenza". 

Malak Hifni Nassef (1886-1918) femminista egiziana, a proposito della poligamia (frase tratta dal libro "Oltre il Velo" di Leila Ahmed, La Nuova Italia, 1992)

lunedì 30 luglio 2012

Rose d’Arabia. Racconti di scrittrici dell’Arabia Saudita

Rose d’Arabia è una piacevole scoperta, un intrigante viaggio all’interno della letteratura femminile saudita. 

La professoressa Isabella Camera D’Afflitto, curatrice del volume, nella sua introduzione pone l’accento sulla insufficiente notorietà e sulla giovinezza di questa letteratura che, invece, meriterebbe una più ampia risonanza. 

I molti pregi dei racconti presenti in questa raccolta ci restituiscono un’immagine vivida dell’Arabia Saudita. Narrazioni ad alto livello stilistico ci fanno scorgere una realtà sfumata, in costante movimento e mai statica di un Paese ricchissimo di petrolio e contraddizioni.

Le autrici, donne colte ed indipendenti, non si sono limitate a parlare del mondo in cui vivono, ma hanno saputo dare libero sfogo alla fantasia; non solo storie di denuncia quindi, ma anche descrizioni e analisi di stili di vita diversi, accanto a racconti senza tempo, dalle trame e dai finali sorprendenti. 

Inoltre la curatrice dell’opera mette in evidenza una questione molto importante e su cui ancora si dibatte: il benessere materiale non è affatto inconciliabile con il fermento culturale. Il fatto che l’Arabia Saudita viva in gran parte grazie ai petrodollari, non significa che la cultura sia schiava del denaro o che da questo sia stata uccisa. 

Al contrario: la ricchezza spinge gli artisti e gli intellettuali a creare senza preoccuparsi delle necessità materiali, oppure a ragionare sulle contraddizioni del mondo in cui vivono, sui motivi che stanno alla base dell’infelicità o dell’incomprensione, a cui nemmeno i soldi possono dare una definitiva soluzione. 

Molti ritengono che le donne saudite siano esclusivamente anime sottomesse. Non è cosi: l’Arabia Saudita ha fatto passi in avanti, se pensiamo, per esempio, all’istruzione femminile, ai circoli letterari, all’accesso femminile nel mondo del lavoro. Certo, il cammino è ancora lungo, ma ritenere che queste donne siano esclusivamente mogli e madri, senza altri sbocchi o interessi, è sbagliato. 

I temi affrontati dalle autrici di questa interessante antologia sono molteplici: poligamia, matrimoni combinati, emancipazione femminile, ripudio, distanza generazionale, amore, morte e politica. 

Ogni scrittrice ha uno stile da scoprire, frutto di esperienze e background sociali e culturali diversi. In questi racconti temi riguardanti il mondo arabo e musulmano si sposano alla perfezione con modalità narrative occidentali. 

Tra le opere vi segnalo La Pioggia Rossa, in cui la protagonista trova nella pittura un’oasi di felicità, rifugio da un matrimonio infelice e da ingiuste costrizioni. O, ancora, Un’Altra donna, in cui è la letteratura il riscatto per una vita migliore; E Calò il Sipario, denuncia di una realtà maschilista e violenta, Diario Scolastico, racconto incentrato sull’educazione esageratamente repressiva ed umiliante impartita alle donne.

Rose d’Arabia è un piccolo gioiello destinato non solo a chi ha studiato il mondo islamico, ma anche a chi vuole conoscerlo da appassionato, o semplice curioso. E’ davvero uno di quei libri che “allargano gli orizzonti”. Leggetelo e scoprite il mondo di cui parla, senza pregiudizi. Non ve ne pentirete. 

Dati del Libro

Titolo: Rose d’Arabia. Racconti di scrittrici dell’Arabia Saudita
Autore: Autori Vari 
Curatore: isabella Camera d’Afflitto 
Casa Editrice: Edizioni e/o 
Collana: le Rose 
Anno: 2001 
Pagine: 148 
Prezzo: 12,91 euro 

Descrizione 

I racconti di questa antologia offrono una panoramica di uno degli universi femminili più nascosti della nostra epoca. L'higiab, il tradizionale velo nero delle donne saudite è il simbolo della condizione femminile in Arabia Saudita e una presenza ingombrante in molti di questi racconti. La società saudita è rigidamente divisa in due, uno sdoppiamento tra popolazione maschile e popolazione femminile unico al mondo: doppie università, doppie redazioni di giornali, doppi ospedali, doppi ministeri, ma anche doppi e separati ingressi negli uffici e nei ristoranti. La novità è il ruolo sempre più dinamico che le donne saudite rivestono nella vita professionale del loro paese, creando contraddizioni nell'ordine tradizionale che vede la donna subalterna.