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lunedì 28 gennaio 2013

Le Mille e Una Notte: Antoine Galland

Continua la serie di post dedicati a “Le Mille e Una Notte”. Argomento di oggi è la vita del traduttore di quest’opera, il francese Antoine Galland (1646-1715). Grazie al famoso orientalista le novelle arrivarono in Francia diffondendosi, poi, in tutta Europa.

La sua traduzione dall’arabo (ricca di “aggiustamenti”, invenzioni ed adattamenti) venne donata alla Marchesa d’O, dama della duchessa di Borgogna ed è composta da dodici volumi. Nel 1701 Galland iniziò a tradurre un corpus di racconti di varia provenienza: araba (nello specifico egiziana), persiana ed indiana

Questi nuclei centrali si trasformarono enormemente nell’arco di un tempo molto lungo, che va dal III sec. al XIV. Galland, però, non si limitò a tradurre, ma aggiunse delle storie (come Ali Babà ed i Quaranta Ladroni e Sinbad il Marinaio). Alcuni studiosi sostengono addirittura, ma sulla questione ancora si dibatte, che queste aggiunte siano frutto della stessa fantasia dell’orientalista e non provengano affatto dal mondo orientale.

Les Mille et Une Nuit vennero pubblicate nel 1704, riscuotendo subito un grande successo. Sembra che il celebre traduttore, per descrivere il personaggio di Shahrazad in modo che incontrasse il favore del pubblico francese, si sia ispirato proprio alla Marchesa d’O, ma anche alla baronessa D’Aulnoy (1650-1705), scrittrice dalla vita avventurosa.

Ma chi era Antoine Galland? Nato da una famiglia di contadini in Piccardia, Galland iniziò a studiare l’ebraico il latino ed il greco antico a dieci anni, in collegio.

I suoi interessi lo portarono ad approfondire i suoi studi nelle lingue orientali a Parigi. Nel 1670 intraprese il suo primo viaggio diplomatico come ambasciatore di Francia ad Istanbul, nella corte di Mehmed IV (1642-1693). 
 
Tra il 1670 ed il 1675 visitò molti luoghi tra i quali l’Asia Minore, la Siria, la Palestina e la Romania. Fu proprio durante i suoi soggiorni di lavoro che apprese l’arabo, il turco ed il persiano, dedicandosi anche al collezionismo di oggetti d’arte.

Galland fu, infatti, un grande appassionato d’archeologia e di libri antichi, con uno spiccato interesse per il mondo arabo, i suoi usi e costumi che gli valsero il titolo di “Antiquario del re”.

 Il lavoro svolto da Galland su Le Mille e Una Notte non si può definire scrupolosamente scientifico, però bisogna tener conto del fatto che traduzioni “rimaneggiate” non erano una rarità all’epoca (e neppure più tardi, sia in Occidente che in Oriente). 

L’orientalista non fu né un uomo intellettualmente disonesto né un falsificatore, bensì un autore che cercò (con successo) di incontrare i gusti del proprio tempo adottando, dove ce ne fosse bisogno, espedienti ed accorgimenti letterari che risultassero di sicuro effetto nel pubblico e servendosi di uno stile agile, mai sovraccarico o ridondante.

Fra le traduzioni più famose, dopo quella francese, si possono ricordare quella in italiano dell’arabista Francesco Gabrieli (1904-1996) per Einaudi, le traduzioni in inglese dell’arabista Edward Lane (1801-1876) e dell’esploratore Richard Francis Burton (1821-1890). A quest’ultimo va il primato della traduzione più lunga, ben sedici volumi.

martedì 11 dicembre 2012

La Lingua Araba

Introduzione

L’arabo è una lingua affascinante, di enorme bellezza non solo “visiva", ma anche “sonora”. La sua padronanza, inoltre, amplia notevolmente gli orizzonti mentali e culturali. Per chi l’apprende è una continua scoperta che richiede passione, pazienza, tenacia e molto studio.

Il luogo comune più diffuso riguardo all’arabo è che sia una lingua molto difficile. Inutile nasconderlo; in parte ciò è vero. Per essere del tutto sinceri, bisogna ammettere che ci sono aspetti dell’arabo che risultano più complessi per un madrelingua italiano, altri, invece più semplici. 

Di certo conta molto la motivazione, l’impegno, la costanza, l’attitudine ad apprendere le lingue, il tempo a disposizione. Questi fattori, ovviamente, variano da persona a persona. Inoltre non si deve mai dimenticare che una lingua è strettamente collegata alla propria cultura. Solo accostandosi contemporaneamente all’una e all’altra si potrà affinare il proprio spirito critico e la propria conoscenza del mondo.

E’ importante acquisire la consapevolezza della molteplicità di culture che popolano la Terra e della loro percezione della realtà. Nel caso specifico della lingua araba si deve correggere fin da subito un errore che molti tendono a fare: è arabo chi abbia come lingua madre l’arabo; è musulmano chi abbia l’Islàm come credo religioso. 

I due termini non sono per niente sinonimi, come erroneamente ritiene qualcuno. La maggior parte degli arabi è musulmana, però non si deve dimenticare che esistono anche arabi ebrei ed arabi cristiani. 

D’altra parte tantissimi musulmani non sono arabi, cioè la loro lingua materna non è l’arabo: pensiamo ai malesi, ai persiani o ai turchi, per esempio. L’Islàm, inoltre, è una religione che riconosce sia il Cristianesimo che l’Ebraismo come suoi diretti predecessori e non solo per un fatto meramente cronologico. 

Questa nuova sezione si propone di spiegare ed approfondire la nascita, la storia, gli stili, il valore religioso e la diffusione di questa splendida lingua, sfatando alcuni pregiudizi duri a morire. Non solo: le lettere arabe hanno una complessa simbologia che La Mano di Fatima analizzerà man mano. 

Intanto si può iniziare dando un’occhiata alla forma “esterna” dell’arabo (si consenta il termine improprio ma diretto) per poi passare agli altri argomenti. Ovviamente questo non è e non vuole essere un corso di arabo. Ne esistono già di ottimi, scritti da specialisti della materia e, certo, questo blog non ha tali finalità. 


Aspetti generali dell’arabo

Dal punto di vista fonologico la lingua araba presenta dei fonemi inesistenti in italiano ed è proprio su questi e sull’alternanza tra vocali brevi e lunghe che bisogna lavorare intensamente durante i primi mesi di apprendimento.

Relativamente alla morfologia, invece, le difficoltà, all’inizio, possono disorientare un po’, ma occorre ricordare che la morfologia araba ha un buon livello di regolarità. 

La sintassi non presenta un particolare grado di difficoltà, ma, anche in questo caso, ci sono regole che vanno imparate e a cui bisogna prestare una certa attenzione.

Il lessico, poi, necessita una particolare applicazione, in quanto l’arabo è una lingua semitica (come l’ebraico), non indoeuropea (come l’italiano o l’inglese); ciò significa che non è intuibile la parentela tra una parola araba e una italiana. 

L’arabo presenta anche altre difficoltà: l’alfabeto è sinistrorso, cioè si scrive da destra a sinistra, il sistema vocalico possiede solo tre timbri /a, i, u/ che possono essere brevi o lunghi. Spesso le vocali brevi non vengono segnalate nella scrittura e questo può creare la possibilità di diverse letture di una stessa parola. Di solito il contesto chiarisce l’ambiguità, ma non sempre. Inoltre ogni lettera ha forme diverse a seconda della posizione che occupa nella parola: iniziale, mediana, finale o isolata. 

L’arabo a cui ci si riferisce qui è lo standard contemporaneo, lingua ufficiale dei Paesi che aderiscono alla Lega Araba, insegnato nelle scuole arabe, in cui vengono scritti i giornali e i libri degli autori arabi del Novecento, che si può ascoltare in televisione o alla radio. 

Questa lingua deriva dall’arabo classico, cioè dalla lingua in cui è stato scritto il Corano, ma la sua storia è ancora più lunga e affonda le radici addirittura nell’Arabia preislamica. Dal XIII sec. In poi dell’era cristiana (VI dell’Egira) l’arabo classico diventa una lingua per pochi eletti, di solito letterati. Nella vita quotidiana, intanto, si affermano le parlate neoarabe

Dall’Ottocento in poi con la Nahda (il Risveglio) letterario e sociale, questa lingua torna a nuova vita, modernizzandosi e creando neologismi grazie anche all’apporto di scienziati e letterati arabi. Nonostante questo, però, l’arabo standard non si è ancora imposto come lingua di tutti i giorni, ma è tuttora ancorato all’ambito formale già citato. Infatti è l’arabo dialettale, o neoarabo, ad essere usato nelle situazioni di tutti i giorni e diverso da Paese a Paese (ma anche da regione a regione all’interno di un singolo Stato).

Chi conosce solo lo standard non comprende le parlate dialettali. Dunque coloro che si accostano all’arabo, se non hanno solo interessi letterari, dovranno imparare lo standard e almeno un dialetto. Quest’ultimo, una volta appreso lo standard, si impara con una certa facilità. A questo link trovate l’alfabeto con il nome delle lettere, la pronuncia e la relativa trascrizione. 


Bibliografia

Mion Giuliano, "La Lingua Araba" ed. Carocci, 2007;
Durand Olivier, Langone Angela Daiana, Mion Giuliano, "Corso di arabo contemporaneo", Hoepli, 2010.
















































































































































































domenica 25 novembre 2012

Umm Kulthum. La Voce d’Egitto

Non esiste una cantante più famosa ed amata di lei nel mondo arabo. La sua voce potente, i versi struggenti e la gestualità elegante l’hanno resa una icona riconoscibile ed indimenticabile: Umm Kuthum (1904-1975) è e sarà sempre la Voce d’Egitto e l’anima musicale di tutto il mondo arabo. Le fonti sono discordanti riguardo la data di nascita, ma l’ipotesi più probabile è il 4 maggio 1904. 

Fatima Ibrahim Al Biltagi, questo il vero nome di Umm Kulthum, nacque in Egitto, nella città di Al-Sanballawayn, da una famiglia di umili origini. Fin da piccola Fatima dimostrò un grande talento per il canto, al punto tale che suo padre, all’epoca direttore di una piccola compagnia teatrale, la fece travestire da ragazzo per permetterle di esibirsi.

 All’età di 23 anni, dopo essere stata notata dal cantante Abu El Ala Mohamed e dal liutista Zakaria Ahmed, si trasferì al Cairo. Lì fece l’incontro più importante della sua vita, quello con il celebre poeta Ahmed Rami (1892-1978), che scrisse ben 137 canzoni per lei, versi che divennero immortali. Il 1932 fu, per Umm Kulthum, l’anno dell’ascesa trionfale: iniziò tournée in grandi città come Baghdad, Tripoli e Damasco, ottenendo un grande successo

Nel 1948 arrivò ad incontrare il presidente egiziano Nasser e da quel momento la sua fama non conobbe battute di arresto, sostenuta anche da un grande amore per l’Egitto e dal fervente patriottismo di cui erano intrise le sue canzoni. 

Si sposò nel 1953 con il medico Hassan Al Hifnawi, facendo includere nel contratto matrimoniale una clausola che le avrebbe permesso, qualora fosse stato il caso, di divorziare. 

Ammirata anche in Europa, lo stesso De Gaulle non fece mistero di apprezzare la sua arte, continuò a cantare divenendo una vera e propria icona musicale e di stile. Tentò anche la carriera di attrice, ma l’abbandonò quasi subito, poiché non le dava le stesse emozioni che provava sul palco.

Ammalatasi di nefrite, si trasferì negli Stati Uniti per curarsi. Quando divenne evidente che la sua malattia era inoperabile, nel 1975, rientrò in Egitto. Venne ricoverata tra le accorate preghiere degli egiziani e si spense al Cairo il 3 febbraio di quello stesso anno. 

Al funerale un fiume umano di 10 Km accompagnò il feretro dalla sua casa fino al cimitero. L’Egitto e l’intero mondo arabo si fermarono per dare l’ultimo saluto alla donna che aveva cantato l’amore in ogni sua sfaccettatura, allo stesso modo in cui, quando era in vita, il Parlamento egiziano interrompeva ogni attività politica pur di poter ascoltare i suoi concerti alla radio. 

Umm Kulthum aveva una voce ed una presenza scenica eccezionali: oltre alla tecnica, impeccabile, con la quale modulava ogni singolo suono, talvolta quasi salmodiando, possedeva anche una rara capacità di improvvisazione, che le consentiva di arricchire ogni canzone con vibrazioni diverse.

Umm Kulthum era una perfezionista; amava migliorarsi, dare ogni volta il massimo e non fece mai mistero della severità con cui giudicava se stessa e le sue esibizioni. Creò dal nulla uno stile ed un repertorio, circondandosi di poeti e compositori tra cui il già citato Rami e Bayram Al-Tunisi. 

Salmodiò con la stessa grazia e naturalezza i versi del Corano e quelli del poeta persiano Umar Khayyam. Le sue canzoni sono letteratura in musica, vere e proprie liriche dedicate all’amore tra innamorati, alla passione, al desiderio di indipendenza del popolo ed al sentimento patriottico e di lealtà verso l’Egitto.

In poco tempo le si schiusero le porte del Palazzo reale e dei salotti più importanti. Umm Kulhum stregò generazioni di arabi (non solo egiziani) ed i suoi dischi sono venduti ancora oggi. Non è una esagerazione definirla una leggenda. Inoltre fu una self-made woman dal carattere forte ed orgoglioso.

Imparò fin da subito a tenere ben nascosta da sguardi indiscreti la vita privata e selezionò accuratamente ogni intervista, scegliendo addirittura gli argomenti di cui avrebbe parlato. Non accettò mai di essere definita uno “strumento di propaganda” dei regimi, o una donna senza sentimenti. 

Era determinata ed innamorata dell’Egitto, incapace di accettare passivamente che qualcuno decidesse della sua vita o della sua carriera. Seppe, insomma, “amministrarsi”, curando le relazioni sociali e scegliendosi gli amici tra i meno “mondani”. 

Ascoltate le sue canzoni: scoprirete un’artista meravigliosa e dotata di grande personalità, una musica travolgente, dei testi pieni di sentimento ma per nulla sdolcinati ed un modo particolare ed indimenticabile di cantare. 

Un gioiello prezioso e molto raro: Umm Kulthum il diamante d’Egitto. 


Per saperne di più 

V.L. Danielson, “The Voice of Egypt”: Umm Kulthum, Arabic Song and Egyptian Society in the Twentieth Century", Chicago 1997;

Biancani Francesca, “Umm Kulthum. La Voce degli Arabi”, ed. Odoya, 2010; 

Nassib Selim, “Ti ho amata per la tua Voce”, E/O, 1997.

giovedì 27 settembre 2012

Giuha: pillole di saggezza popolare

C’è un personaggio nel mondo arabo la cui origine è antichissima ed in parte avvolta nel mistero. Si chiama Giuha. Forse vi sarà già capitato di sentire questo nome in una delle sue varianti italiane, per esempio il siciliano Giufà o il toscano Giocà

Le sue storie, sapiente intreccio tra saggezza popolare ed umorismo, sono sempre state tramandate oralmente fino ai nostri giorni e questo ha contribuito ad alimentare l’incertezza sulle reali origini di Giuha

La teoria più probabile fissa la “data di nascita” del personaggio nel IX secolo, ma la diffusione delle sue storie nel bacino del Mediterraneo fu cosi rapida e priva di uniformità che è a tutt’oggi impossibile ricostruirne tutte le tappe in modo completo e definitivo. 

Ogni Paese arabo ha il proprio Giuha, dal Maghreb al Mashreq e talvolta viene alterato persino il nome. Alcune caratteristiche, però, sono costanti: il protagonista di questi racconti è rappresentato sempre allo stesso modo (non giovanissimo, con baffi e nasone e tipiche babbucce ai piedi), incoerente, all’apparenza astuto ma, di fatto, ingenuo e piuttosto sfortunato. 

Persino il significato del nome Giuha è simbolico: vuol dire, infatti, “deviare dalla retta via”, cioè avere un comportamento che non ha una logica di fondo né razionalità o coerenza. 

Ogni storia o barzelletta riflette la quotidianità, ha una morale e vuole insegnare qualcosa sul mondo. Gli stessi personaggi sono tipi di un’umanità complessa e variegata, emblema di pregi e difetti che da sempre caratterizzano l’essenza di ogni essere umano. 

Negli aneddoti di Giuha c’è anche un “animale ricorrente”: l’asino, che rappresenta un mezzo di trasporto oppure un oggetto di scambio. 

In Sicilia il personaggio venne ripreso da Giuseppe Pitrè (1841-1916), il celebre studioso di tradizioni siciliane, che ne raccolse in modo sistematico le storie diffuse per tutta l’isola.

Il favolista siciliano Venerando Gangi (1748-1816) gli dedicò un suo racconto, adattato in italiano nel 1845. Proprio a questo adattamento si fa risalire la prima storia scritta di Giuha. 

Negli ultimi anni, però, si sta cercando di fissare per iscritto questa saggezza popolare, raccogliendo tutti gli aneddoti esistenti sul simpatico, sciocco, furbo, ingenuo, divertente Giuha, caricatura dell’intera umanità. 

Presto un post con le storie di Giuha con testo arabo a fronte ed ulteriori approfondimenti sul personaggio in Italia e nel mondo arabo

Bibliografia e fonti 


http://it.wikisource.org/wiki/Una_storia_di_Giuf%C3%A0 Una Storia di Giuha di Venerando Gangi, tradotta da Agostino Longo (1845) 

Kamal Attia Atta, La camicia di Giuha, edizioni EMI, 1997

Francesca M. Corrao Giufà , il furbo, lo sciocco, il saggio, Milano, Mondadori,1991 

L'immagine è tratta dal sito http:///www.arab.it

mercoledì 29 agosto 2012

Femminismo islamico: cenni di storia

Il femminismo islamico nacque alla fine dell’Ottocento, seguendo le orme dei cambiamenti politici, culturali, sociali e storici innescati dalla nahdah, il fenomeno di rinascita del mondo arabo e islamico.

Nonostante le numerose interazioni tra il femminismo occidentale e quello islamico, quest’ultimo è sempre stato totalmente indipendente dai movimenti per i diritti delle donne europei e americani. 

Inoltre si caratterizzò fin da subito per l’orientamento nazionalista e la forte inclinazione verso il panarabismo. Il femminismo islamico nacque come reazione a due tipi di fattori: i primi, interni, erano legati al contesto sociale e riguardavano la ribellione alla segregazione sessuale attuata nell’Impero Ottomano. 

Le donne benestanti, infatti, uscivano raramente dalle loro case e sempre velate. Non avevano bisogno di lavorare ed erano escluse dalla vita pubblica. Questa segregazione divenne ben presto emblema di prestigio e di un elevato tenore di vita, ma anche di un’esistenza senza sbocchi e spesso opprimente.

I fattori esterni, invece, erano strettamente vincolati al dominio militare, culturale ed economico delle potenze europee e alle loro aspre critiche nei confronti della condizione femminile nell’Islam. 

Le femministe ritenevano che il percorso di liberazione della donna dovesse essere parallelo a quello per l’indipendenza e molti loro discorsi risentivano del sentimento anticolonialista. In più la percentuale di analfabetismo tra le donne era davvero molto alta e, in questo caso, la classe sociale non faceva la differenza. 

Le ragazze iniziarono a studiare verso la fine dell’Ottocento: le più abbienti con precettori privati, solitamente europei; le altre frequentando scuole pubbliche. 

In Egitto, patria di nascita del femminismo islamico, la prima scuola statale femminile venne inaugurata nel 1873. Ma fu solo nel 1929 che un piccolo gruppo di donne poté accedere all’Università del Cairo. 

Non si può dimenticare, inoltre, l’importante ruolo svolto dalle scuole missionarie cristiane, presenti in molti Paesi musulmani. Nei primi anni del Novecento iniziò un interessante dibattito sulla condizione della donna, portato avanti da uomini (parleremo, a breve, dell’influenza di intellettuali come Qasim Amin).

Dagli anni Venti del Novecento, però, anche le donne parteciparono fondando associazioni, salotti letterari femminili e giornali che trattavano apertamente la condizione femminile. Non solo queste riviste erano dirette da donne e si rivolgevano ad un pubblico femminile; ospitavano anche i loro articoli e le loro opere, mettendo in luce, secondo un’ottica femminista, pregi e difetti della condizione femminile dell’epoca. 

Il primo giornale femminile fu “Al-Fatah” (La ragazza), fondato da Hind Nawfal ad Alessandria nel 1892. 

Bibliografia 
 
Leila Ahmed: “Oltre il Velo. La donna nell’Islam da Maometto agli ayatollah”, ed La Nuova Italia, 1995;
Isabella Camera D’Afflitto: “Letteratura araba contemporanea. Dalla Nahdah a oggi”, ed. Carocci, 2006;
Hoda Sha’rawi: “Harem Years. The Memoirs of an Egyptian Feminist 1879-1924”, ed. Feminist Press, 1993;

domenica 26 agosto 2012

Vertigo di Ahmed Mourad

Può un solo uomo cambiare ciò che non va nella realtà circostante? Da dove parte la voglia di libertà e di cambiamento? Bisogna rassegnarsi ad un mondo marcio e meschino, oppure vale sempre la pena lottare, anche quando si rischia grosso? 

Con il suo romanzo, "Vertigo", Mourad ci dice che è giusto, anzi, doveroso sperare e lottare per ciò in cui si crede. La sua storia è una scommessa sul futuro, una piccola rivoluzione che parte dal protagonista, che si chiama Ahmed, proprio come il suo creatore e, come lui, porta gli occhiali e fa il fotografo. 

Ahmed è l’emblema della trasformazione che sta avvenendo nell’Egitto contemporaneo, dei giovani egiziani che “sopravvivono”, ma avrebbero tutto il diritto di “vivere” e pensare al domani con serenità. 

E’ il simbolo stesso di un Paese che ha dato tantissimo alla Storia, ma sembrava aver perso la bussola e la capacità di risollevarsi dalle miserie sociali e politiche che ha dovuto attraversare. 

Il nostro protagonista, uomo qualunque e apparentemente destinato a vivere un’esistenza sbiadita, si trova invischiato in un fatto di sangue: l’assassinio di due uomini d’affari nel celebre bar Vertigo. Testimone dell’orrore, Ahmed non pensa a scappare, ma a scattare foto scottanti del massacro. 

A questo punto può fare due cose: tacere o agire. Sceglie la seconda opzione, più rischiosa, ma indice di grande coraggio. Certo, non può battersi da solo e allo scoperto contro giganti corrotti e spietati, cosi architetta un geniale piano che lo porterà dritto alla soluzione dell’intricato caso del bar “Vertigo”.

Chi si aspetta un libro sulle meraviglie dell’Egitto rimarrà deluso: Mourad descrive l’avidità, la cattiveria, la corruzione, l’ipocrisia, la lascivia di una società in rapido ed inesorabile declino. La storia trascina il lettore in un vero e proprio vortice in cui niente è come appare e la verità è un lusso che soprattutto i potenti non possono permettersi. 

A tal proposito sono da menzionare le descrizioni del Casino Paris, luogo malfamato in cui Ahmed si ritrova a dover lavorare, regno di attricette e ballerine da quattro soldi, che si vendono per poco e di uomini tanto ricchi quanto volgari e viziosi. 

Perfino la stampa è presa di mira: i media non sono garanzia di specchiata moralità, o di attendibilità, bensì uno strumento che, come in un circolo vizioso, corrompe e si lascia corrompere. 

L’autore ha saputo coniugare con intelligenza e talento una ambientazione araba, modelli e stili di vita egiziani con uno stile e una tecnica narrativa occidentali. Non è il primo a farlo; la letteratura araba è piena di esempi di questo tipo, che iniziano con il fenomeno della nahdah. Mourad, inoltre, è dotato di uno stile intrigante, sarcastico e pungente. 

E’ una specie di piccolo Faust egiziano, che irride senza pietà e si fa beffe del potere minaccioso. La censura non lo spaventa, d’altra parte non deve essere stata troppo attenta, se Mourad, ex fotografo di Mubarak, sostiene addirittura che: “ Il regime non ha letto il libro. A queste persone non piaceva affatto leggere. Credo sia stata la mia fortuna”. 

E’ lui a guidarci fino in fondo al vortice dello squallore, ma lo fa con leggerezza, una certa dose di speranza e, perché no, di ottimismo. Vertigo è un romanzo di aperta denuncia, che vi consiglio di non perdere. 

Pur non essendo presente l’Egitto storico, quello che i turisti amano visitare, le superbe origini di questa civiltà sono ben visibili sullo sfondo. 

Molto interessante è anche il ruolo della donna in questo libro: due immagini speculari ci mostrano da una parte le donnette del Casino Paris, dall’altra la sorella del protagonista, donna colta che si è lasciata sottomettere dal subdolo fascino del fondamentalismo religioso. Nel mezzo, come a bilanciare questi due estremi femminili, c’è un’altra figura femminile di spicco: la bella, seria e sfortunata Ghada, di cui Ahmed si innamora perdutamente. 

La critica sostiene che “Vertigo” abbia preannunciato la Primavera Araba. Forse è cosi, ma credo che quest’opera sia anche lo specchio in cui si può riflettere non solo l’attuale generazione egiziana, ma anche tutti quelli che non vogliono darsi per vinti e non possono rassegnarsi a veder crollare il mondo che li ha visti nascere. 

Per chi vuole saperne di più, vi consiglio di leggere la mia recensione di “Vertigo” apparsa sul blog Diario di Pensieri Persi. 

Il Libro

Titolo: Vertigo 
Autore: Ahmed Mourad 
Casa editrice: Marsilio 
Collana: Farfalle 
Traduzione: Barbara Teresi 
Anno: 2012 
Prezzo: 18 euro 

Trama

Al bar Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, Ahmed Kamàl assiste per caso all'omicidio di due noti uomini d'affari. Fotografo di professione, imprime le immagini della strage sulla pellicola, ed è pronto a farle pubblicare, ma si rivolge al giornale sbagliato: i media del paese sembrano puntare a molta apparenza e poca verità. Intrappolato in una rete di giochi di potere, Ahmed per un po' trova riparo in un locale notturno, popolato da ballerine del ventre e attricette in cerca di gloria, accanto a uomini d'affari e politici: gente influente, persone che al mattino sulle pagine dei giornali sono nemiche, e di notte diventano alleate nel gioco delle parti, tutte riunite nello stesso locale in cerca di donne e alcol, a ostentare la propria ricchezza. Testimone scomodo, Ahmed tuttavia non intende tacere... Accolto in Egitto con grande entusiasmo all'arrivo della primavera araba, Vertigo denuncia il malcostume del paese, senza mai rinunciare all'ironia. Con il suo ritratto schietto di una polizia di stato losca e vendicativa e di una classe politica corrotta, Mourad racconta la difficoltà di trovare un vero modello per le nuove generazioni, il disordine che pervade la nazione, lo stato di vertigine perpetua in cui si confondono ruoli e concetti, dove chi difende i valori morali può subito dopo essere sopraffatto dal proprio interesse personale. Ma tutto questo non gli impedisce di affidare alle sue pagine un messaggio di speranza per i giovani... 

La Critica

"Mourad, che di giorno scattava i ritratti ufficiali di Mubarak mentre di notte scriveva per sfogare la sua rabbia contro il regime, è l'autore di un romanzo sulla corruzione che in Egitto è un bestseller"  
The Guardian 

"Un libro che avrebbe potuto mettere in serio pericolo l'autore, se solo qualcuno del regime l'avesse letto: Vertigo è infatti un ritratto schietto di una polizia di Stato losca e vendicativa, e di una classe politica corrotta"  
The Atlantic Wire

"Un giallo dal sapore egiziano, ma che talvolta sembra portarci nel mondo di John Grisham. E' l'esempio di una nuova generazione di scrittori che finalmente è in grado di raggiungere il grande pubblico anche al di là dei confini arabi"  
Livres Hebdo

Per saperne di più

Dal libro di Mourad è stato tratto uno sceneggiato (musalsal) mandato in onda nelle tv egiziane durante questo Ramadan. 
Ecco il trailer
Sul blog della casa editrice Marsilio trovate, invece,l'intervista all’autore
E ancora  il booktrailer del libro.
Biografia

Ahmed Mourad (Il Cairo 1978) ha studiato cinematografia. Ex fotografo personale di Mubarak, regista e scrittore, ha ricevuto diversi premi per i suoi cortometraggi. Vertigo è il suo primo libro, all'ottava edizione in Egitto, di recente pubblicato anche in UK per Bloomsbury.

mercoledì 8 agosto 2012

Ya’qub Ibn Rafa’il Sanu’ (1839-1912)

Ya’qub Ibn Rafa’il Sanu’, noto anche come James Sanua, nacque al Cairo da una famiglia di origini ebraiche.

Fu giornalista poliglotta, drammaturgo, insegnante presso la Scuola del Politecnico e perfino precettore presso alcune famiglie dell’aristocrazia egiziana. 

Nel 1850 partì per Livorno, città d’origine della sua famiglia, dove si dedicò allo studio della lingua e della letteratura italiana, alla storia dell’arte e alla musica. Sanu’ venne colpito dal fascino del teatro europeo, in special modo da quello francese e italiano. L’incontro con il riformista Al-Afghani lo convinse a diffondere il messaggio nazionalista, che Sanu aveva abbracciato da tempo, attraverso la drammaturgia. 

La sua attività teatrale durò solo un paio di anni, ma fornì un prezioso contributo allo sviluppo del teatro egiziano moderno. L’autore scrisse trenta pièce, alcune in italiano. Purtroppo ne sono giunte fino a noi solo sette. Sanu recuperò dal patrimonio popolare elementi come il Karagoz, la farsa, fondendoli con maestria ed abilità nelle sue opere. 

Il suo primo lavoro andò in scena nel 1870. Si tratta di Ghina’yyah fi’ l-lughah al-ammiyyah (“Un’operetta in ammiyyah”), che narra le avventure in Egitto di un europeo che vuole a tutti i costi entrare nell’harem del sultano.

Il talento di Sanu venne ben presto notato dal khedivé Ismail, che lo invitò a mettere in scena le sue opere a palazzo. Fu lo stesso khedivé a coniare per lui il soprannome Muliyr Misr, Molière d’Egitto. Il rapporto tra i due, però, si incrinò quasi subito; Ismail, infatti, non tardò a rendersi conto che l’oggetto della satira del suo protetto era proprio lui. 

Sanu lo accusava di essere un suddito delle potenze europee e di avere completamente dimenticato le zone rurali dell’Egitto, abbandonandole al loro destino. Nel 1872 avvenne la rottura definitiva tra il khedivé ed il drammaturgo. Quest’ultimo non si arrese e continuò l’attività politica fino a che non venne costretto all’esilio in Francia, dove continuò fino alla fine a scrivere articoli e opere teatrali destinate più alla lettura che alla rappresentazione. 

Sanu scrisse le sue pièce in ammiyyah (dialetto egiziano), ma gli attori non disponevano di veri e propri copioni, bensì di canovacci che era possibile modificare in qualunque momento. Gli attori erano tutti uomini ed i temi per lo più a carattere sociale: poligamia ( a cui Sanu si dichiarò sempre contrario) o matrimoni combinati, per esempio. 

Il drammaturgo scrisse anche un’opera che lo toccava da vicino, riguardante l’attività teatrale ed i rapporti con le autorità: Muliyr Misr wa ma yuqasih (“Il Molière d’Egitto e le sue sofferenze”). 

Sanu non fu solo uno dei pionieri del teatro arabo, ma anche un uomo capace di difendere ciò in cui credeva e di ricominciare ogni volta con determinazione, a dispetto delle vicissitudini e dell’ira dei potenti del suo tempo.


Bibliografia 

Ruocco Monica, “Storia del Teatro Arabo. Dalla Nahdah a oggi”, Carocci, 2010

domenica 5 agosto 2012

La Città di Pan di Zenzero

Il libro di Jennifer Steil è uscito lo scorso giugno, quando questo blog ancora non esisteva. E’ un’opera che rappresenta una novità nel panorama editoriale dedicato al mondo arabo, dunque La Mano di Fatima non può non presentarlo al pubblico. Chi non lo ha letto o se lo è lasciato scappare, potrebbe esserne incuriosito. Infatti è la storia di un incontro tra due culture diverse, capace di cambiare il corso delle esistenze e deviare i destini. E’ la scoperta di un mondo non cosi lontano dal nostro, in cui si stringono amicizie al femminile e la solidarietà prende il posto dell’individualismo. La storia è ambientata in Yemen, a San’a. Una single di New York, Jennifer, si ritrova proprio nella capitale per tenere un corso di giornalismo. Tutto sembra dover avere un inizio ed una fine ben precisi. Ma il destino ed il magnetismo millenario di San’a rimettono in gioco tutte le certezze di Jennifer. 

Il Libro 

Titolo: La Città di Pan di Zenzero 
Autore: Jennifer Steil 
Casa editrice: Piemme 
Collana: Voci 
Pagine: 462 
Prezzo: 9.90 euro 
Anno: 26 giugno 2012 

Trama 

Ai nostri piedi si stendeva la fantasia di pan di zenzero che è la Città Vecchia di San’a: un agglomerato di case quadrate color biscotto, decorate con quella che ha l’aspetto di glassa bianca, circondato da mura spesse e alte. Non avevo mai visto una città così bella. Quando arriva nello Yemen da New York, dove vive, Jennifer pensa di doversi fermare tre settimane, la durata del corso di giornalismo che è stata invitata a tenere. Ma San’a, la capitale, con la sua storia millenaria, le case dai muri che sembrano dolci golosi, i profumi di spezie, il sapore indimenticabile dei melograni, la conquista irrimediabilmente, come qualcosa di bellissimo da cui non si riesce a staccare gli occhi. Anche i rapporti umani sono magici e intensi, in particolare con le donne, sulle quali poggiano tutte le contraddizioni di un mondo in bilico tra passato e innovazione. Molte delle loro storie si intrecciano alla sua, in una rete di amicizia e solidarietà. E inevitabilmente, in questa atmosfera sospesa e sensuale, in cui tutto si acuisce, la newyorkese single convinta troverà forse casa anche al cuore. 

Per saperne di più

Se volete leggere un capitolo del libro, cliccate sulla pagina dedicata al libro, sul sito della casa editrice Piemme 

Biografia 

Jennifer Steil, giornalista, ha scritto per The Week, Time e Life. Oggi vive a San’a, in Yemen, con il suo compagno e la loro figlia. E’ stata editor per Yemen Observer e Playgirl. Si è trasferita in Yemen nel 2006.

venerdì 3 agosto 2012

Colazione al Cairo

Un amore proibito. Un popolo in lotta per la libertà. Il romanzo simbolo della primavera araba. 

Amore e rivoluzione: un binomio intrigante e di attualità. Una donna ricca ed indipendente trascinata dalla corrente della passione e degli avvenimenti politici e sociali dell’Egitto in rivolta. Un romanzo sulla Primavera Araba, ma anche sui sentimenti e sulle scelte di vita. Protagonisti che rappresentano la voglia di cambiamento e modernità, che non significa rinuncia alle radici culturali e religiose. Un romanzo che non può mancare nella vostra libreria. Non solo la storia di una donna, bensì le vicende di un popolo e di una nazione tra le più importanti nel mondo arabo-islamico. Libertà, lotta, amore, avventura, trasformazione: le parole chiave di Colazione al Cairo.

Il libro

Titolo: Colazione al Cairo 
Titolo originale: Agnihatu-l-faràsha 
Autore: Mohamed Salmawy
Casa editrice: Giunti 
Pagine: 224 
Prezzo: 9.90 euro 
Anno: prima edizione 2011; prima edizione italiana luglio 2012 

Trama

Nel vento della rivoluzione, la storia di una passione proibita. Il bestseller che ha conquistato l'Egitto Doha è una donna bella e altolocata, una stilista di successo, abituata a far valere i suoi privilegi. Le sue serate scorrono tra feste esclusive ai piani alti dei grattacieli, lontane anni luce dagli avvenimenti politici che scuotono il Cairo. Quando una mattina resta bloccata nel traffico a causa dei disordini di piazza Tahrir, va su tutte le furie: che diavolo vuole quella folla urlante che rischia di farle perdere l’aereo? Quell’aereo deve portarla in Italia, dove presenterà la sua nuova collezione al jet-set internazionale. Ma è sufficiente una telefonata al marito perché la polizia apra subito un varco e faccia passare l’auto su cui viaggia. Doha non sa ancora che entro poche ore non guarderà più quella piazza allo stesso modo, come non sa che l’uomo seduto accanto a lei sull’aereo, quell’uomo con la barba nera che la tempesta di domande, è un leader dell’opposizione, un uomo magnetico, pieno di forza e di slancio, disposto a tutto pur di difendere quello in cui crede. E quando a Roma, prima di salutarla davanti all’albergo, lui le regala una rosa rossa, Doha sente che quel fascino sta per risvegliare qualcosa in lei, mettendo in discussione tutto: il suo stile di vita, la sua carriera, il suo matrimonio. Travolgente come un fiume in piena, Colazione al Cairo è la storia meravigliosa di una passione: di una donna per un uomo, di un uomo per il suo Paese e di tutti coloro che durante la Primavera araba si sono battuti per la libertà. 

Un Estratto dal libro

“Doha ebbe la sensazione che le stesse dicendo addio e che quello sarebbe stato l’ultimo incontro di un’amicizia nata la mattina e forse finita la sera stessa. Lui tese la mano e lei, stringendogliela, sentì la sincerità e il calore pervaderle il braccio infreddolito dall’aria notturna. Poi si girò incamminandosi verso l’albergo, con la rosa rossa fra le dita”. 

La Critica 

“Se le autorità egiziane leggessero romanzi come questo, invece dei rapporti della polizia, probabilmente ciò che si è verificato in piazza Tahrir non sarebbe mai accaduto”. 
Alsharq Al-Awsat Newspaper, principale quotidiano arabo nel mondo 

Per saperne di più 

Consultate la pagina del sito della Giunti dedicato al libro. Troverete la presentazione del romanzo e gli articoli apparsi sui principali giornali italiani.

Biografia

Mohamed Salmawy (Cairo, 1945) è uno dei più influenti intellettuali egiziani contemporanei. È presidente dell’Unione degli scrittori egiziani, segretario generale dell’Unione degli scrittori arabi, caporedattore del settimanale in lingua francese Al-Ahram Hebdo, giornalista del quotidiano in lingua araba Al-Ahram..