martedì 15 gennaio 2013

Underground Bazar

La prima opera di Ron Leshem, giornalista israeliano, è Tredici Soldati, storia di guerra, morte e giovani vite strappate alla quotidianità per combattere contro Hezbollah nel Libano meridionale. Il nuovo libro dell’autore, Underground Bazar, è ambientato in una Teheran in cui l’unico modo per sottrarsi ai soffocanti divieti del regime di Ahmadinejad è fuggire nel mondo virtuale.

 Il Libro

Titolo: Underground Bazar 

Autore: Ron Leshem 

Casa Editrice: Cargo 

Collana: Narratori di Cargo

Pagine: 416 

Prezzo: 20 euro 

Anno di pubblicazione: 2012 





Sinossi

Kami abbandona la provincia per le brillanti luci di Teheran. Va a vivere dalla zia, ex vedette del cinema caduta in disgrazia e censurata dal regime islamico. Nel microcosmo del vicinato, si instaura un legame saldo, di reciproca protezione, con Babak, giovane omosessuale, e la signora Safoureh, donna sfuggente e dal passato misterioso. Ciascuno di loro è, a suo modo, vittima di un regime repressivo che combatte ogni aspirazione alla libertà. Quando Kami si procura un computer, gli orizzonti di internet gli aprono - a lui come a tanti giovani iraniani - le porte di un mondo più vasto, bello e ricco, privo di interdetti e divieti. Un luminoso mondo virtuale in una vita di tenebre. Nel frattempo, Kami conosce Niloufar, la principessa della libertà, figlia di una ricca famiglia, femminista impegnata e primo pilota da corsa. Sarà lei a introdurre il ragazzo nei meandri sotterranei di Teheran, a feste clandestine dove oltre alla droga e all'alcol, abbondano i piaceri proibiti e circolano libri vietati... Insieme, i due giovani cercheranno di sfuggire alla realtà soffocante che li circonda, per inseguire il loro sogno di felicità. Ma forse Niloufar si spinge un po' troppo oltre nella sua sfida agli interdetti religiosi e ai divieti politici.

Per saperne di più

Il sito dell’autore in ebraico e in inglese.
La pagina dedicata ad Underground Bazar sul sito Edizioni Cargo.


Dicono di Underground Bazar…

“Ron Leshem è riuscito a creare un intero mondo, semplicemente con il linguaggio”. 
David Grossman 

 “È difficile che qualcuno tra gli scrittori israeliani si sporchi le mani. Leshem lo ha fatto. E lo ha fatto come solo i veri scrittori sanno fare: e il risultato è struggente”. 
Alessandro Piperno 

“Come si può vivere in una dittatura in cui è proibito quasi tutto? Underground Bazar rivela la vita dell’attuale città di Teheran. Un romanzo iperrealistico, bizzarro, illuminante, poetico e immaginativo”.
Libération 


L’Autore 

Ron Leshem è nato nel 1976 vicino a Tel Aviv. Come giornalista, si è fatto subito apprezzare per una serie di réportage sull’intifadah, scritti per "Yedioth Ahronoth". ha inoltre collaborato con il quotidiano "ma’ariv" e lavorato per la televisione come direttore aggiunto per i programmi del secondo canale israeliano. La sua prima opera, Tredici soldati (Rizzoli, 2007), ha vinto nel 2006 il Sapir Prize – il più importante riconoscimento letterario israeliano – e lo Yitzhak Sadeh Prize, e ha venduto in Israele più di 150.000 copie, rimanendo nelle classifiche dei bestseller per ben due anni. È stato tradotto in quattordici paesi. Dal romanzo è stato tratto il film Beaufort, che ha ricevuto una nomination agli Academy Award come miglior film in lingua straniera, e ha vinto l’orso d’argento per la regia al Festival internazionale del cinema di Berlino. Attualmente Ron Leshem vive a Tel Aviv, dove scrive una serie drammatica per la televisione e lavora al terzo romanzo.

venerdì 11 gennaio 2013

“Emina” di Cristina Trivulzio di Belgioioso

“Emina” è un commovente romanzo scritto dalla principessa Cristina Trivulzio di Belgioioso più di un secolo fa e ristampato solo nel 1997. Non è un’opera famosa, purtroppo e merita davvero di essere riscoperta.

La stessa autrice, affascinante e colta patriota italiana, è stata condannata dalla Storia ad un immeritato oblio. “Emina” è il primo romanzo della trilogia “Scénes de la Vie Turque”, ambientata nell’Asia Minore, proprio nei luoghi in cui la principessa di Belgioioso visse, da globetrotter ante litteram qual era, o visitò durante esplorazioni e pellegrinaggi. Le altre due opere sono, nell’ordine: “Un Principe Curdo” e “Le Due Mogli di Ismail Bey”

“Emina” è la storia di una bambina data in sposa ad un bey, Hamid, con il quale suo padre ha un enorme debito quasi impossibile da saldare. La giovane si ritrova, cosi, da semplice pastorella libera di vagare per i campi e le montagne a giovane moglie intrappolata tra i possenti muri di un harem

La vita non si preannuncia facile per l’ingenua Emina: nonostante la sua intelligenza ed il suo modo di vivere profondo, responsabile, devoto ed in costante sintonia con la natura che la circonda, tanto da farla apparire al lettore più matura dei suoi anni, la giovane non ha l’esperienza e la determinazione necessarie per affrontare le invidie e le gelosie che regnano sovrane in un harem.

Fin da subito, infatti, diviene il bersaglio preferito della prima moglie del bey, l’intrigante calcolatrice Ansha. Emina non trova conforto neppure nelle attenzioni del marito, che rasentano il paternalismo e l’indifferenza. 

L’autrice mette in evidenza l’inadeguatezza della protagonista ad un ruolo e a delle regole che le sono estranee e di cui non può capire le origini e la portata. Con il tempo, inoltre, la mancanza di comunicazione e complicità tra Emina e Hamid si fa ancora più profonda a causa dei mutati sentimenti della giovane sposa nei confronti del consorte; il timore viene sostituito dall’affetto che, lentamente, si trasforma in amore non ricambiato.

La situazione sembra non avere alcuna via d’uscita; Emina non riesce a spiegare i propri sentimenti ed i suoi tentativi di ottenere attenzioni portano a risultati opposti. Il destino, però, è imprevedibile. Può dare e togliere nello stesso tempo… 

Nel romanzo è costante la presenza dell’autrice che dedica ampio spazio alle descrizioni dei luoghi, dei personaggi e degli usi turchi, interrompendo la narrazione. Alla fine, quando Cristina di Belgioioso ed Emina si incontrano le loro due anime tanto diverse si fondono nella solidarietà femminile, nell’essere donne che hanno alle spalle un vissuto e parecchie sofferenze. 

“Emina” è un’opera molto diversa da quelle a cui siamo abituati oggi: non c’è ricerca di suspence, né di avventura e l’azione dei personaggi è piuttosto ridotta. La narrazione scorre grazie ad uno stile fluido ma non veloce

La già citata “intromissione” dell’autrice nella storia rallenta il ritmo, ma il lettore non ha mai la sensazione di noia o pesantezza. Si potrebbe dire che in questo romanzo è più forte l’attenzione verso i pensieri, le emozioni, insomma, l’interiorità dei personaggi che quella verso i loro gesti. Ogni atto è preceduto da una motivazione psicologica ben precisa che Cristina Trivulzio spiega con dovizia di particolari ad un lettore che non conosce gli usi e i costumi dei popoli dell’Asia Minore

Molto intensa ed interessante è l’immagine che l’autrice ci restituisce delle donne orientali: solo apparentemente sottomesse, in realtà sveglie, astute e piene di voglia di vivere. Nei suoi viaggi ella approfondì la conoscenza con molte di queste, studiandone le opinioni ed il modo di vivere e schierandosi dalla loro parte, a favore dell’emancipazione femminile, come evidenziato anche dai temi trattati in “Emina”

Cristina Trivulzio di Belgioioso seppe dare voce e comprendere nel profondo queste anime rinchiuse in gabbie dorate e considerate troppo spesso, dai viaggiatori occidentali, sensuali odalische passive, oggetti senza intelletto nelle mani dei loro padroni. 

Riscoprite la trilogia di Cristina Trivulzio, una donna anticonformista che rifiutò tutta la vita di assecondare le convenzioni sociali. Vi appassionerete ai suoi personaggi, alle sue storia ma, soprattutto, a lei. 


Il Libro

 
Titolo: Emina 

Autore: Cristina Trivulzio di Belgioioso

Casa Editrice: Luciana Tufani Editrice 

Pagine: 162 

Prezzo: 12.91 euro

Anno di pubblicazione: 1997 



Sinossi

Emina è uno dei tre racconti di Scénes de la Vie Turque, la raccolta ambientata nella regione dell’Asia Minore dove Cristina Trivulzio aveva vissuto per anni. Al centro dei racconti è la vita di donne dell’harem. Emina, la protagonista di questo romanzo breve, è una povera pastorella, data in sposa ancora bambina ad un bey, che si trova ad affrontare, senza sapersi difendere, l’ostilità della prima moglie del bey e che rimane vittima degli intrighi della rivale, ma anche dell’insensibilità del marito e soprattutto di una società alle cui regole è estranea.


Per saperne di più

Il mio articolo sul blog “Divine Ribelli” dedicato a Cristina Trivulzio di Belgioioso. 
La pagina dedicata all’autrice sul sito di Luciana Tufani Editrice.
La pagina dedicata al romanzo sul sito di Luciana Tufani Editrice.  


L’Autrice 

Donna affascinante, intelligente, indipendente, Cristina di Belgioioso (1808-1871) aveva troppe qualità da farsi perdonare. Per questo, dopo una vita avventurosa e nomade, venne quasi dimenticata. Fu una delle protagoniste della vita politica e culturale dei suoi tempi. Partecipò attivamente al Risorgimento e per questo venne costretta all’esilio. Visse a lungo a Parigi ed in Turchia. Giornalista e scrittrice, pubblicò articoli su numerosi giornali, tra cui Revue des Deux Mondes e diresse la Gazzetta Italiana e L’Ausonio. Scrisse saggi di politica e storia, resoconti di viaggio e racconti. Tra le sue opere si possono ricordare “Il 1848 a Milano e Venezia” e, nello stesso volume, “Della Presente Condizione delle Donne e del loro Avvenire” (Feltrinelli, 2011), “Ricordi dall’Esilio” (Paoline, 1978) e “Vita Intima e Nomade in Oriente” (Ibis, 1993).

lunedì 7 gennaio 2013

La Guerra italiana per la Libia

Il libro di Labanca affronta una delle pagine più controverse della storia del nostro Paese: la conquista della Libia. Tutto inizia quando l’Italia di Giolitti, dopo aver dichiarato guerra all’Impero Ottomano, occupa la Tripolitania e la Cirenaica (1911-1912). Siamo solo all’inizio di una campagna di conquista terminata nel 1931. L’opera si propone di raccontare anche il lato più oscuro di questo periodo, perché proprio su di esso farà perno la parte più importante della politica interna ed estera di Gheddafi.

Il Libro

Titolo: La Guerra italiana per la Libia

Autore: Nicola Labanca 

Casa Editrice: Il Mulino 

Pagine: 296 

Prezzo: 24 euro 

Anno di Pubblicazione: 25 ottobre 2012 


Descrizione 

Per «guerra di Libia» si intende in genere la campagna per la «Quarta sponda» dell’Italia giolittiana contro l’impero ottomano nel 1911-12. Ma alla fine del 1912 gli italiani controllavano solo qualche città della costa libica. Per avere il controllo della regione gli italiani impiegarono vent’anni, dal 1911 al 1931. Il conflitto divenne irregolare, fatto di guerriglia e controguerriglia; da guerra all’esercito turco divenne lotta contro la resistenza anticoloniale libica e contro i civili di Tripolitania e Cirenaica. L’Italia fascista finì per organizzare una serie di campi di concentramento, in cui rinchiuse metà della popolazione della Libia orientale. Il libro racconta una vicenda che l’Italia ha preferito dimenticare: conoscerla aiuta a capire anche la storia della Libia contemporanea, dall’indipendenza al regime di Gheddafi. 

Per saperne di più

La pagina dedicata al libro sul sito della casa editrice Il Mulino.

L’Autore

Nicola Labanca insegna Storia contemporanea all’Università di Siena. Dal 1984 è il corrispondente italiano di “War and Society Newsletter. A Bibliographical Survey”. E’ membro del comitato scientifico del magazine “Studi Piacentini”. Con il Mulino ha pubblicato anche “Una guerra per l’impero” (2005) e “Oltremare. Storia dell’espansione coloniale italiana” (nuova ed. 2007) e ha curato “I bombardamenti aerei sull’Italia” (2012). È presidente del Centro interuniversitario di studi e ricerche storico-militari ed i suoi studi vertono sulla storia militare, coloniale e sul ruolo dei media in guerra.

venerdì 21 dicembre 2012

Buone Feste!

Il blog "La Mano di Fatima" vi augura un Felice Natale ed un lieto 2013 e vi annuncia che riprenderà la consueta attività subito dopo l'Epifania. Sul blog "Divine Ribelli" trovate un simpatico racconto di Natale per augurarvi BUONE FESTE! :-)

mercoledì 19 dicembre 2012

Le Mille e Una Notte. Nascita di un mito

Continuano i post dedicati alla raccolta di favole orientali de “Le Mille e Una Notte”. Questa volta si parlerà della nascita e della struttura di questo capolavoro. 

Le Mille e Una Notte ( Alf Layla wa-Layla in arabo) hanno un’origine molto lontana, che risale addirittura al X secolo. Non fu un autore solo a comporre le novelle della raccolta, che differiscono anche per ambientazione geografica e narrazione storica. 

Il X secolo rappresenta il momento in cui le favole vennero messe per iscritto, dopo essere state tramandate oralmente per un certo periodo di tempo. Proprio a quest’epoca, infatti, appartiene il fulcro originario dell’opera, che si arricchirà man mano.

Prova di questo “ampliamento” dal nucleo più antico è data dalle informazioni su usi, leggi ed istituzioni del Vicino Oriente e dai riferimenti a grandi potenze dei mari come Venezia, che permettono di datare (o almeno provare a farlo) le novelle. 

Si può dire, però, che la versione completa e definitiva de Le Mille e Una Notte risalga ad un’epoca compresa tra il 1400 ed il 1500. 

Per quanto riguarda la struttura, la si potrebbe paragonare ad una sorta di scatole cinesi. Di solito si sente parlare, a ragione, di “narrazione nella narrazione”: l’opera presenta la vicenda di Shahrazad, decisa a porre fine alla strage di donne perpetrata da Shahriyar. La giovane, per salvarsi la vita, narra le novelle principali che dureranno per mille e una notte, interrompendosi sempre sul più bello. 

I personaggi delle favole di Shahrazad, a loro volta, raccontano altre storie. In questo modo molti protagonisti della raccolta sono, contemporaneamente, personaggi e narratori e le situazioni che vivono diventano storie e cornici per altre narrazioni.

Per quanto riguarda l’ambientazione delle novelle bisogna riconoscere e scindere gli elementi persiani da quelli arabi, cinesi e indiani. I racconti ambientati a Baghdad e in Egitto, questi ultimi più recenti, fanno parte della matrice arabo-islamica (il califfo Harun Al-Rashid, realmente esistito, è un personaggio-chiave).

Ci sono anche racconti ambientati in Cina ed altri di derivazione persiana. A tal proposito occorre ricordare una cosa che non tutti sanno: la famosa storia di Sinbad il Marinaio non fa parte del nucleo originario, ma è una aggiunta successiva

La traduzione più celebre de Le Mille e Una Notte fu quella dell’orientalista francese Antoine Galland (di cui si parlerà prossimamente in modo più approfondito). 

Dal suo lavoro, iniziato nel 1701 e pubblicato nel 1704, presero spunto molti altri traduttori occidentali. Galland tramandò queste storie, con adattamenti e vere e proprie aggiunte, contribuendo alla formazione dell’immagine occidentale dell’Oriente e di personaggi immortali come Shahrazad.

martedì 11 dicembre 2012

La Lingua Araba

Introduzione

L’arabo è una lingua affascinante, di enorme bellezza non solo “visiva", ma anche “sonora”. La sua padronanza, inoltre, amplia notevolmente gli orizzonti mentali e culturali. Per chi l’apprende è una continua scoperta che richiede passione, pazienza, tenacia e molto studio.

Il luogo comune più diffuso riguardo all’arabo è che sia una lingua molto difficile. Inutile nasconderlo; in parte ciò è vero. Per essere del tutto sinceri, bisogna ammettere che ci sono aspetti dell’arabo che risultano più complessi per un madrelingua italiano, altri, invece più semplici. 

Di certo conta molto la motivazione, l’impegno, la costanza, l’attitudine ad apprendere le lingue, il tempo a disposizione. Questi fattori, ovviamente, variano da persona a persona. Inoltre non si deve mai dimenticare che una lingua è strettamente collegata alla propria cultura. Solo accostandosi contemporaneamente all’una e all’altra si potrà affinare il proprio spirito critico e la propria conoscenza del mondo.

E’ importante acquisire la consapevolezza della molteplicità di culture che popolano la Terra e della loro percezione della realtà. Nel caso specifico della lingua araba si deve correggere fin da subito un errore che molti tendono a fare: è arabo chi abbia come lingua madre l’arabo; è musulmano chi abbia l’Islàm come credo religioso. 

I due termini non sono per niente sinonimi, come erroneamente ritiene qualcuno. La maggior parte degli arabi è musulmana, però non si deve dimenticare che esistono anche arabi ebrei ed arabi cristiani. 

D’altra parte tantissimi musulmani non sono arabi, cioè la loro lingua materna non è l’arabo: pensiamo ai malesi, ai persiani o ai turchi, per esempio. L’Islàm, inoltre, è una religione che riconosce sia il Cristianesimo che l’Ebraismo come suoi diretti predecessori e non solo per un fatto meramente cronologico. 

Questa nuova sezione si propone di spiegare ed approfondire la nascita, la storia, gli stili, il valore religioso e la diffusione di questa splendida lingua, sfatando alcuni pregiudizi duri a morire. Non solo: le lettere arabe hanno una complessa simbologia che La Mano di Fatima analizzerà man mano. 

Intanto si può iniziare dando un’occhiata alla forma “esterna” dell’arabo (si consenta il termine improprio ma diretto) per poi passare agli altri argomenti. Ovviamente questo non è e non vuole essere un corso di arabo. Ne esistono già di ottimi, scritti da specialisti della materia e, certo, questo blog non ha tali finalità. 


Aspetti generali dell’arabo

Dal punto di vista fonologico la lingua araba presenta dei fonemi inesistenti in italiano ed è proprio su questi e sull’alternanza tra vocali brevi e lunghe che bisogna lavorare intensamente durante i primi mesi di apprendimento.

Relativamente alla morfologia, invece, le difficoltà, all’inizio, possono disorientare un po’, ma occorre ricordare che la morfologia araba ha un buon livello di regolarità. 

La sintassi non presenta un particolare grado di difficoltà, ma, anche in questo caso, ci sono regole che vanno imparate e a cui bisogna prestare una certa attenzione.

Il lessico, poi, necessita una particolare applicazione, in quanto l’arabo è una lingua semitica (come l’ebraico), non indoeuropea (come l’italiano o l’inglese); ciò significa che non è intuibile la parentela tra una parola araba e una italiana. 

L’arabo presenta anche altre difficoltà: l’alfabeto è sinistrorso, cioè si scrive da destra a sinistra, il sistema vocalico possiede solo tre timbri /a, i, u/ che possono essere brevi o lunghi. Spesso le vocali brevi non vengono segnalate nella scrittura e questo può creare la possibilità di diverse letture di una stessa parola. Di solito il contesto chiarisce l’ambiguità, ma non sempre. Inoltre ogni lettera ha forme diverse a seconda della posizione che occupa nella parola: iniziale, mediana, finale o isolata. 

L’arabo a cui ci si riferisce qui è lo standard contemporaneo, lingua ufficiale dei Paesi che aderiscono alla Lega Araba, insegnato nelle scuole arabe, in cui vengono scritti i giornali e i libri degli autori arabi del Novecento, che si può ascoltare in televisione o alla radio. 

Questa lingua deriva dall’arabo classico, cioè dalla lingua in cui è stato scritto il Corano, ma la sua storia è ancora più lunga e affonda le radici addirittura nell’Arabia preislamica. Dal XIII sec. In poi dell’era cristiana (VI dell’Egira) l’arabo classico diventa una lingua per pochi eletti, di solito letterati. Nella vita quotidiana, intanto, si affermano le parlate neoarabe

Dall’Ottocento in poi con la Nahda (il Risveglio) letterario e sociale, questa lingua torna a nuova vita, modernizzandosi e creando neologismi grazie anche all’apporto di scienziati e letterati arabi. Nonostante questo, però, l’arabo standard non si è ancora imposto come lingua di tutti i giorni, ma è tuttora ancorato all’ambito formale già citato. Infatti è l’arabo dialettale, o neoarabo, ad essere usato nelle situazioni di tutti i giorni e diverso da Paese a Paese (ma anche da regione a regione all’interno di un singolo Stato).

Chi conosce solo lo standard non comprende le parlate dialettali. Dunque coloro che si accostano all’arabo, se non hanno solo interessi letterari, dovranno imparare lo standard e almeno un dialetto. Quest’ultimo, una volta appreso lo standard, si impara con una certa facilità. A questo link trovate l’alfabeto con il nome delle lettere, la pronuncia e la relativa trascrizione. 


Bibliografia

Mion Giuliano, "La Lingua Araba" ed. Carocci, 2007;
Durand Olivier, Langone Angela Daiana, Mion Giuliano, "Corso di arabo contemporaneo", Hoepli, 2010.
















































































































































































martedì 4 dicembre 2012

Le Mille e Una Notte Aladino e Sherazade. Recensione

Oggi inizia una serie di post dedicati alle Mille e Una Notte: le storie, la genesi, le trasposizioni e le varie riletture di questo capolavoro immortale. 

 Iniziamo dall’ultima trasposizione per la televisione, andata in onda proprio una settimana fa. “La Mano di Fatima” se ne è occupata ampiamente ma vi ricordo il sito della fiction, per chi l’avesse persa. 

Una premessa importante: è inutile tentare di paragonare l’opera in questione alle celebri novelle. Sono due cose molto diverse, benché il legame tra loro sia ovvio. Potremmo dire che la fiction “contiene” le storie de Le Mille e Una Notte e la loro cornice (la vicenda di Shahrazade), ma le reinterpreta dando vita a qualcosa di nuovo, non giudicabile esclusivamente attraverso un confronto con le storie scritte. La trasposizione è semplicemente “diversa”. 

Per dare un’ opinione imparziale, dovremmo fare una cosa apparentemente paradossale: avere ben presenti le novelle e, nello stesso momento, distaccarcene. E’ l’unico modo che abbiamo per non cadere in facili pregiudizi. 

Detto questo siamo più liberi di “gustare” “Le Mille e Una Notte Aladino e Sherazade” per ciò che è: una bella storia narrata per un pubblico occidentale, ma senza rinunciare ai “profumi d’Oriente”. 

Le differenze tra la raccolta e la fiction sono evidenti: il sanguinario sovrano Shariyar delle novelle, che Shahrazade incanta con i suoi racconti, nella fiction diventa il padre della giovane, è assolutamente innocuo e muore a metà della storia. 

Non è tutto: Shahrazade si innamora di Aladino (della genesi di racconti come quello di Aladino e della loro “genuinità” parleremo prossimamente) che, a causa di un sortilegio, diventa il perfido sultano a cui dovrà dedicare le sue lunghe storie per rimanere in vita. 

A questo punto molti potrebbero gridare allo scandalo, eppure “Le Mille e Una Notte Aladino e Sherazade” segue una perfetta linea logica, pur mescolando elementi di vario genere. E’ un’opera molto “occidentale” nello stile e nei rimandi, ma riesce a mantenere l’eco dell’Oriente attraverso la scenografia, i dialoghi e la buona interpretazione di tutto il cast. 

Come non pensare alla Maga Circe ogni volta che la strega Namuna appare sulla scena, classica femme fatale che trasforma gli uomini che la rifiutano in maiali? I suoi servitori, tutti uguali e molto somiglianti a dei fedeli porcellini, non hanno qualcosa di mefistofelico? Il Genio (interpretato dal leggendario Massimo Lopez) non ricorda una sorta di scienziato un po’ goffo ma dal cuore d’oro? 

I protagonisti, poi, sono sempre in parte e non cadono mai nella trappola del “fumetto orientaleggiante e surreale”. Ottima la caratterizzazione di Shahrazade (Vanessa Hessler), ragazza dedita agli studi, brillante ed audace (come la protagonista delle novelle) e poco propensa al matrimonio combinato (molto moderna in questo). 

Interessante la scena in cui Shahrazade si serve della novella persiana “Turandot” (ripresa da Carlo Gozzi nel 1762 e poi divenuta la celebre opera di Puccini, rappresentata per la prima volta nel 1926), per evitare l’obbligo di scegliere uno sposo. 

Aladino, interpretato dall’affascinante Marco Bocci, non è un eroe, ma un ragazzo a tratti ingenuo, che subisce una notevole e coerente evoluzione nel corso della fiction, come Shahrazade, del resto, da giovane sognatore a uomo determinato ma pur sempre altruista e generoso. 

La fiction ha optato per effetti speciali non scontati (lo stesso regista ha ammesso che non dovevamo aspettarci tappeti volanti) e ha evitato rimandi troppo approfonditi alla religione o alla cultura persiana, cercando, con successo, di spostarsi su un piano più generale e, quindi, accessibile a tutti. 

L’amore, la magia e l’avventura, ma anche sentimenti negativi purtroppo sempre attuali come l’odio, la vendetta, la malvagità, la brama di potere e l’avidità, si alternano in questa fiction, creando una bella storia per tutta la famiglia, dal lieto fine e con una sola morale: il Bene vince sempre ed i sogni possono avverarsi se ci crediamo veramente.